LA PELLE RACCONTA …

Puoi mentire quanto vuoi, sull’età, per esempio: sarà la tua pelle a urlarla.

Arrivati ad un certo punto, grinze e pieghe si formano e si sovrappongono giorno dopo giorno ad un ritmo serrato ed irrefrenabile.

Eri giovane, fino a qualche tempo prima, nessuno lo poteva negare.

Arriva il momento in cui non lo sei più, tutti lo possono constatare.

In questo senso la pelle è l’esatto contrario della mente.

La mente concepisce e nasconde, lavora al buio e ordisce trame invisibili.

Ci sono certo differenze sostanziali tra persona e persona: c’è chi non riesce a tenere nascosto nemmeno il moto più innocente dell’anima e chi custodisce gelosamente negli anfratti più remotti della propria mente segreti incomunicabili.

La cronaca ci racconta di individui che vivono per anni gomito a gomito con altre persone, famigliari o amici, senza mai tradire astio o repulsione salvo poi, improvvisamente, scagliarsi contro di loro con inaudita efferatezza.

Dovremmo avere per l’anima uno schermo come la pelle, così da mettere in sicurezza almeno coloro che ci vivono accanto.

E’ pur vero, tuttavia, che ci si ingegna in ogni modo per far sì che la pelle menta, che racconti una storia diversa dalla sua età biologica, che trasformi l’inganno in un incanto.

Di fatto amiamo la segretezza della mente, la sua capacità di tenerci al sicuro da sguardi indiscreti, di difenderci dalla morbosa curiosità dei nostri simili.

Non ci piace per niente la schiettezza della nostra pelle, al punto che chi può la camuffa e la confonde.

Ebbene sì, devo riconoscerlo: mi piacerebbe che la mia pelle fosse un po’ meno sincera.

D’altra parte forse non sarebbe male se la nostra mente fosse un po’ meno impenetrabile: almeno rispetto alle nefandezze più atroci.

BIDEN, IL FIGLIO E NOI

Ci hanno sempre detto che i politici americani sono molto diversi dai nostri.

In America domina una cultura di matrice riformata, calvinistica per certi aspetti, per cui, per esempio, nessuna persona investita di un qualche potere interviene nei procedimenti giudiziari per favorire amici o parenti.

Il figlio di Biden era inquisito, tra l’altro, per possesso illegale di arma da fuoco, per aver dichiarato il falso a proposito dell’assunzione di droghe e per evasione fiscale.

Il presidente, proprio perché sta concludendo il suo mandato, non ha voluto lasciare suo figlio nelle mani dei giudici e gli ha concesso una grazia ‘piena e incondizionata’.

Ha offerto per questo suo gesto un’ampia gamma di giustificazioni che non hanno convinto nessuno.

Ha fatto molto meno Carlo Donat Cattin in favore del proprio figlio Marco.

Bisogna dunque riconoscere che noi italiani non siamo peggiori degli altri che si impancano a nostri severi giudici.

Cerchiamo di piegare le leggi a nostro favore ma forse riusciamo a conservare un briciolo di dignità.

(Vedasi anche il caso Trump: intrallazzi, maneggi e schiere di avvocati e procuratori al proprio servizio. Roba da far impallidire Berlusconi).

La vantata superiorità morale degli anglosassoni nei confronti dei latini non esiste. Ce l’hanno sempre raccontata ma era ed è una bufala.

Come non esiste la maggiore inflessibilità morale del mondo riformato rispetto all’universo cattolico.

Gli anglosassoni saranno bravi nell’inventare sempre nuove occasioni di spesa e di consumo (vedasi il Cyber Monday di questi tempi) ma quanto a morale farebbero bene a tacere.

Tengo famiglia’ regna in tutto il mondo umano, a tutte le latitudini e in tutte le classi sociali.

CHIAROSCURO

C’è luce al di là del buio.

Mi sembra di poterla raggiungere facilmente.

Ma più mi avvicino e più si allontana.

Allontanandosi diventa sempre più fioca.

Sono partito con molti compagni di strada.

Mi volto e ne vedo pochissimi.

Dove saranno andati?

Qualcuno sarà morto.

Qualcun altro avrà cambiato idea e sarà tornato indietro.

Chi sono i pochi che continuano a camminare insieme a me?

Sono gli amici di un tempo, quelli dell’adolescenza e della prima giovinezza.

Quelli che avevo da bambino forse sono morti.

Qualcuno sta rintanato nella sua casa assistito da estranei.

Non ne riconosco più nessuno.

Gli amici dell’adolescenza e della prima giovinezza?

Sono pochi, fidati e sinceri.

Sono quelli rimasti attorno a me.

Non saprei dire perché mi sono rimasti solo questi.

Nessuno dell’età infantile.

Nessuno dell’età matura.

La vecchiaia non è fatta per accendere nuove amicizie.

Forse per continuare a coltivare e irrobustire le antiche.

Non saprei spiegarmi perché succeda questo.

Perché di tutte le persone conosciute e frequentate nell’arco della mia non breve esistenza mi siano rimasti solo quei pochi, antichi amici.

Eppure una spiegazione ci deve essere.

Non voglio nemmeno indagare se è successo lo stesso anche a qualcun altro.

Forse più che dalle persone dipende proprio dal periodo, dalla particolare età.

Dai 13-15 ai 17-19: più o meno.

Un arco temporale magico, fondamentale per la formazione delle persone.

In quel periodo non si è più bambini: questi amano trastullarsi, si pongono al centro del loro mondo, stringono rapporti solo con coloro che sono disposti a riconoscere la loro centralità

E non si è ancora adulti: che accettano rapporti soltanto se comportano anche dei vantaggi.

No, in quello straordinario periodo si è in lotta con la vita, molto spesso con gli adulti, talvolta perfino con il mondo intero.

Si cercano e si accettano sodali che combattano le stesse battaglie , non tanto per conseguire degli interessi personali ma per far trionfare la verità e la giustizia.

Sono gli anni della ricerca affannosa del santo Graal, della caccia instancabile al vello d’oro; gli anni della poesia e dell’assalto al cielo.

Si sognano e si tentano imprese, in quegli anni, mai da soli, tuttavia.

Lo si fa con degli amici, con pochi fidati coetanei: che condividono gli stessi ideali, che sognano le stesse imprese, che vivono degli stessi sentimenti e delle medesime passioni.

Si rimane sempre più soli, in vecchiaia, mano a mano che la inflessibile signora falcia le vite come fossero secchi steli d’erba.

Senza riuscire a rimpiazzare gli amici perduti, avvertendo, invece, sempre più distintamente il sibilo della inesorabile lama.

Non c’è poesia, alla fine, ma solo prosa.

Anche se bisogna riconoscere che c’è prosa e prosa: potrebbe essere ostica come quella dell’Ulisse di Joyce o soave ed evocativa come il muto saluto che Renzo e Lucia indirizzano alle montagne della loro infanzia.

Com’è la nostra prosa?

LO STATO DELLE COSE

 

Il titolo è pretenzioso, lo so, ma il reale che stiamo vivendo è a dir poco sconcertante: a detta di molti addirittura drammatico.

Secondo non pochi commentatori saremmo addirittura nell’imminenza della terza guerra mondiale.

Considerando gli eventi bellici del passato, in particolare le due guerre mondiali del novecento, ci siamo più volte chiesti: ‘com’è potuto accadere?’

Com’è stato possibile che degli esseri umani abbiano acceso una simile catastrofe …’

Ecco, adesso lo sappiamo, è sotto i nostri occhi.

Che le élite diventino ad un certo punto sorde e cieche può anche essere messo nel conto: esse perseguono propri obiettivi di potere e sono disposte a tutto pur di conseguirli.

Sono disposte soprattutto a mandare al macello migliaia (milioni) di loro simili, pur di averla vinta.

Mandano a morire il popolo cercando di preservare se stessi e i loro beni. Magari di incrementare questi ultimi (come è spesso successo).

No è più ‘muoia Sansone con tutti i Filistei’ ma solo ‘muoiano i Filistei e si salvi Sansone’.

Che le cosiddette élite si comportino in questo modo è anche comprensibile: vogliono la guerra per guadagnarci, non per morire. Per incrementare i propri beni, non per perdere tutto.

Non ho mai capito e continuo a non capire il comportamento dei popoli, delle masse: cioè di coloro che dalla guerra hanno da rimetterci. In termini di beni e, soprattutto, quanto a vite umane.

In tutte le guerre fin qui combattute, soprattutto nelle ultime, è sempre il popolo a pagare il prezzo più alto e doloroso.

Perché questi popoli, alla luce di queste evidenti considerazioni, non fanno di tutto per opporsi alle guerre, non inondano di persone le piazze, non bloccano i palazzi del potere pur di evitare lo scoppio di una guerra?

Perché non lo fanno?

Rimane per me un mistero.

Ci sono alcune specie di lemming che, si dice, ad un certo punto del loro ciclo riproduttivo vanno a suicidarsi in massa. Non è chiaro se questo è vero ma è certo che in certi posti sono state ritrovati mucchi consistenti di carcasse di questi piccoli roditori.

Dunque l’affermazione forse non è vera per i lemming ma sembra essere vera per gli esseri umani.

Ad un certo punto della sua storia l’umanità sente il bisogno di una consistente auto distruzione.

Sembra quasi che percepisca di aver raggiunto un punto non più migliorabile del suo sviluppo e avverta il bisogno di una mostruosa ecatombe per poi ricominciare e ripartire verso più elevati traguardi.

Questa può essere una considerazione accettabile dal punto di vista della filosofia della storia ma, mi chiedo, perché viene fatta propria da chi deve pagare il prezzo di questa ipotetica palingenesi?

Fuor di metafora, perché noi, esseri umani contemporanei, tolleriamo di venire spazzati via per favorire un ipotetico rinnovamento che non ci riguarderà e che, probabilmente, non toccherà nemmeno i nostri figli e nipoti?

E’ qualcosa di incomprensibile, soprattutto in riferimento a degli esseri viventi che si considerano razionali.

Per uscire da un impasse, potremmo assumere una miriade di decisioni diverse, al posto della guerra: proprio perché siamo ‘esseri razionali’.

O non lo siamo?

E se di mistero si tratta, trattasi di mistero doloroso.

la situazione

Finalmente dopo svariati tentativi, grazie soprattutto all’aiuto dei responsabili del sito, sono riuscito a ritornare nelle mie pagine.

E’ un evento che potrebbe sembrare banale, magari forse lo è, non saprei, ma nella mia attuale situazione mi sembra come un raggio di luce a squarciare un cielo tempestoso.

Ci si accontenta di poco a volte ma spesso quel poco non arriva.

Succede anche a livello più generale: tutti vediamo come basterebbe poco per disinnescare una situazione pericolosa. Pochissimo, pure. Eppure quel poco nessuno lo fa, tutti lo vedono ma nessuno ci mette mano. E così le cose peggiorano fino a diventare tragiche.

E’ come se stessimo scivolando verso un abisso, non rapidamente ma piano piano.

Vediamo l’abisso, ci rendiamo conto della situazione eppure non facciamo niente.

È così che poi ci si finisce dentro.

Non me lo invento certo io: è già successo parecchie volte nella storia dell’umanità.

Penso per esempio al famoso dispaccio di Ems, manipolato dal Bismarck, che indusse Napoleone III a dichiarare guerra alla Prussia e, quindi, ad andare incontro alla sua più completa disfatta.

Il momento che stiamo vivendo è piuttosto ingarbugliato, teso e potenzialmente esplosivo. Siamo nella condizione di poter continuare a vivere in pace oppure di ritrovarci dentro una disastrosa terza guerra mondiale.

Di fronte ad eventi di questo tipo ci siamo spesso chiesti: com’è potuto accadere, come hanno fatto a non anti – vedere l’abisso in cui stavano precipitando?

E dopo tutte le esperienze passate, come facciamo noi, oggi, a non prevedere la catastrofe che ci si prospetta?

I popoli tutti, dell’Europa almeno, dovrebbero scendere in strada non tanto contro la terza guerra mondiale, ma contro la sua eventualità. E’ il minimo che potremmo e dovremmo fare.

Comunque, visto che non abbiamo molta razionalità per salvarci, speriamo almeno di avere fortuna.

Non è gran cosa ma non mi pare abbiamo molto di più.

Grazie ancora ai tecnici del dominio e buona fortuna per tutti noi!

 

 

 

COME MAI?

Se mi guardo intorno vedo tutto nero.

Sono pessimista, lo so e non dovrei spargere veleni, dato che già ne respiriamo abbastanza.

Non riesco, tuttavia, a non interessarmi a ciò che mi succede intorno e a nutrire un ‘sentire’ un po’ diverso da quello profuso dalle vulgate ufficiali.

Prendiamo il conflitto Israele-Palestinesi: il primo è stato provocato e ha subito un’ingiuria mortale ma non riesco ad approvare la sua reazione (che ancora continua).

Nell’attentato di via Rasella furono uccisi 33 soldati: la rappresaglia tedesca si concretizzò con l’uccisione di 335 persone alle Fosse Ardeatine. 10 italiani per ogni tedesco ucciso. Più pochi altri.

Nell’assalto palestinese contro i coloni furono uccisi circa 1200 israeliani e 250 furono fatti prigionieri per un totale di 1450 persone circa.

Applicando il ‘metodo’ Kappler, gli uccisi palestinesi dovevano essere 14000, 15000 se proprio si vuole esagerare.

Invece Israele ha abbondantemente superato il doppio di quella cifra e si avvia verso il triplo e non è finita.

E la guerra Ucraina – Russia?

Davvero tutti i torti stanno dalla parte della Russia come sostengono gli USA, tra i massimi fomentatori di guerre nel mondo, autori di massacri plurimi (ancorché ignorati dai nostri media)?

Distolgo lo sguardo dai Paesi lontani e lo dirigo al nostro interno: un ragazzo di 17 anni stermina la sua famiglia, padre, madre e fratellino dodicenne.

Perché?

Non è chiaro: non riusciamo a capirlo per il semplice fatto che nemmeno l’autore sa spiegarsi e spiegare il motivo di tale mattanza.

Mi si dirà che nel mondo c’è anche tanto di positivo: non ne dubito anche se il mio pensiero non riesce a staccarsi dalle mostruosità di cui la nostra specie è contemporaneamente vittima e carnefice.

Nel tempo non abbiamo fatto molti passi avanti.

Ci sono stati periodi in cui gli esseri umani esibivano una crudeltà più sfacciata e terribile: le persone venivano spellate, squartate, crocifisse, bollite …

Adesso inorridiamo al solo pensiero e abbiamo in gran parte abolito certe atrocità.

Ammazziamo in maniera diversa: con le bombe, le cannonate, ultimamente anche con i droni.

E’ tutto molto più soft: anche se i morti ammazzati sono infinitamente di più di quelli di un tempo.

Credo si possa dire che sono cambiate le forme, la sostanza tuttavia è grandemente peggiorata.

Come mai, mi chiedo, l’umanità non riesce ad essere migliore di tutte le altre specie viventi?

Anzi, come mai è molto peggiore, molto più crudele?

Eppure abbiamo (avremmo) tutto per essere diversi, migliori.

Questa situazione dovrebbe indurci ad una riflessione profonda sulla nostra natura, sulle nostre caratteristiche e sulla nostra storia.

Sull’opinione che, noi esseri umani, abbiamo di noi stessi.

Dovremmo avere il coraggio di guardarci dritto negli occhi e coglierci per ciò che veramente siamo: forse potremmo ripartire da lì.

Invece ci raccontiamo bugie, ci auto inganniamo sapendo benissimo ciò che stiamo facendo.

Quel che è peggio abbiamo la faccia tosta di stravolgere la realtà anche di fronte alle divinità.

Siamo davvero convinti che le bevono le nostre bugie?

Io penso che solo la sincerità ‘dello specchio’ potrà salvare l’umanità e farle scoprire la solidarietà.

IL SENSO …

Delle cose, degli eventi, delle esperienze, della vita e della morte, dell’aldiqua e dell’aldilà, del prima e del dopo … dell’Universo tutto.

Sicuramente è già stato detto ma lo ripeto: l’essere umano è tale perché si interroga, riflette, cerca di capire e di approfondire, si sforza di risolvere i problemi, di illuminare i dubbi e gli enigmi e di darsi delle risposte.

Crediamo che questi atteggiamenti lo qualifichino in modo particolare e siano quelli che, più di tutti, lo differenziano dagli animali.

Tutto questo avviene a vari livelli, nel senso che coinvolge le persone in modo molto diverso: sicuramente esistono milioni di individui che non hanno né il tempo né la possibilità di porsi delle domande- Per non parlare dell’elaborazione delle risposte. Presi come sono dalle necessità della sopravvivenza.

E c’è anche chi, pur avendone tempo e modo, si dedica ad altro, si stordisce con mille distrazioni al punto da arrivare a varcare l’ultima soglia senza mai aver riflettuto nemmeno un minuto.

Appartengo alla minoranza che un po’ di tempo ce l’ha e quindi pratica la riflessione in forza di automatismi più che decennali.

Non dico che sono migliore di altri, anzi!

Spesso invidio chi vive alla giornata, con la mente sgombra, unicamente preso dalle mille leggere incombenze della vita quotidiana.

Come vorrei esserne capace anch’io, almeno qualche volta.

Nemmeno il Leopardi si è ‘salvato’: è morto sulla soglia dei suoi 39 anni, sicuramente giovane almeno secondo i criteri odierni ma quanti interrogativi, quante riflessioni, quanti scavi interiori ha disseminato non solo nelle sue prose ma anche nella sua produzione poetica.

Il periodo in cui viviamo si presta in modo particolare a suscitare domande: tuttavia mi pare estremamente povero nell’offrire risposte.

La cosa certa è che non esistono più leader, persone capaci di indicare la strada, di proporre ideali degni di essere vissuti, di delineare un train de vie percorribile e fruttuoso, di suscitare non dico entusiasmo ma almeno un vivo interesse per il raggiungimento della convivenza pacifica tra i popoli.

Ultimamente, al contrario, si parla sempre più insistentemente di guerra, di bombardamenti e perfino dell’impiego di bombe atomiche.

E’ la follia che ritorna.

Sembra che l’umanità non possa, non riesca a farne a meno.

In questo, bisogna riconoscerlo, non siamo migliori degli animali, di quelli più feroci.

Anzi, siamo molto più distruttivi e micidiali.

Non siamo cambiati minimamente rispetto alle epoche antiche: e dire che ci meravigliamo delle tante sanguinose guerre combattute da Gengis Khan, tanto per fare un solo esempio. Non ci accorgiamo che le sue guerre, rispetto alle nostre, erano delle baruffe. La sua ferocia che tanto ci fa inorridire, rispetto alla nostra, è paragonabile agli scapaccioni di un nonno severo.

Abitiamo la Terra, un piccolissimo atomo dell’immenso Universo: un pianeta adatto alla vita, ricco di mille meravigliose qualità.

Dovremmo esserne consapevoli, non è difficile, e operare per starci, tutti, nel miglior modo possibile.

Per fare questo dovremmo cogliere il senso profondo del nostro stare al mondo e agire di conseguenza: dedicarci a tutto ciò che serve a garantire e ad aumentare il benessere generale.

Non siamo forse ‘animali razionali’?

Dovremmo quindi essere consapevoli che la felicità non può appartenere a pochi (a danno o anche solo ad esclusione dei più): sappiamo che la maggioranza emarginata farà sempre di tutto per intaccare questa felicità.

Qualcuno potrebbe obiettare: chi l’ha detto che l’aspetto qualificante la nostra natura è la razionalità? Dove sta scritto che la nota dominante il nostro carattere è la compassione?

Potremmo dire che è stato detto e scritto, fin dai rempi antichi.

Ma è stato ugualmente scritto che siamo venuti al mondo per vivere secondo i nostri istinti più forti, non per comprimerli o, peggio, per sradicarli.

Ecco ‘il senso’ da cui sono partito: chi si ferma a queste ultime espressioni non va in profondità, non coglie (non vuole o non può) il significato vero della nostra natura.

Si concentra sui ‘pochi’, non considera le esigenze di tutti gli appartenenti al genere umano.

Anzi si meraviglia della reazione ‘dei più’ perché vorrebbe banchettare in santa pace ‘alla faccia’ dell’indigenza della maggioranza.

Devo dire che costoro non hanno capito niente della ‘natura’ umana.

E fino a che questa minoranza agguerrita e prepotente non avrà colto ‘il senso’ della vita, continueranno per l’umanità le guerre e le sofferenze ‘gratuite’.

TERZA

Le televisioni parlano tranquillamente della terza guerra mondiale.

I giornali sviscerano l’argomento con grande zelo, quasi si trattasse di approfondire le guerre puniche.

Se ne discute tra amici e conoscenti, come se si dovesse accordarsi per un aperitivo.

La prima guerra mondiale ha causato circa 12 milioni di morti. Ci sono stime che variano in più e in meno. Senza dimenticare i milioni di feriti, più o meno gravi.

Nella seconda guerra mondiale ci sono stati almeno 55 milioni di morti: più i milioni di feriti, naturalmente. Questa guerra è stata notevole anche per le immani distruzioni.

Che cosa possiamo aspettarci dalla terza che, sicuramente, sarà combattuta anche con bombe atomiche?

I morti si potranno contare a centinaia di milioni, le distruzioni saranno inimmaginabili e l’ambiente risulterà inquinato per decenni.

Qualcuno pensa che la guerra non scoppierà, vista anche la deterrenza psicologica collegata alle bombe atomiche.

Mi pare che questo era vero fino a qualche anno fa, quando non si riusciva nemmeno ad ipotizzare l’utilizzo delle bombe atomiche.

Adesso se ne parla con grande naturalezza come se si trattasse di carri armati.

Per superare e far superare il rifiuto totale dell’utilizzo dell’armamento atomico si è cominciato a far ricorso ad un aggettivo: gli ordigni atomici sono diventati ‘bombe atomiche tattiche’. L’aggiunta dell’aggettivo finale le ha rese più accettabili. Sono atomiche sì, ma tattiche, quindi quasi normali.

Ho sempre pensato che dovrebbero essere i popoli ad impedire la follia della guerra, dato che sono quelli che ne pagano il prezzo più ‘salato’.

E mi sono sempre meravigliato della loro incapacità ad organizzare un rifiuto reale e totale.

Lo si vede anche adesso in Palestina: di fronte all’esercito che avanza il popolo fugge, si fa traslocare, accetta di andarsene e di lasciare libero il campo.

Che cosa succederebbe, invece, se le decine di migliaia di abitanti di Rafah scendessero tutti insieme nelle strade e si sdraiassero uno accanto all’altro?

Potrebbero i carri armati passare sopra decine di migliaia di corpi? Ne dubito.

Così adesso, ce ne stiamo in silenzio e in disparte a vedere noi stessi e tanta parte dell’umanità scivolare verso una guerra che potrebbe essere sommamente distruttiva e oltremodo sanguinosa.

Mi viene in mente la descrizione che J.J. Rousseau fa della nascita della proprietà privata (Secondo discorso sull’origine e i fondamenti dell’ineguaglianza tra gli uomini).

C’è stato un momento, immagina, in cui qualcuno ha cominciato a recintare degli appezzamenti di terreno e a dire che erano suoi, solo suoi, escludendo quindi tutti gli altri dalla loro utilizzazione.

Le persone intorno non si sono rese conto di ciò che stava accadendo e, anziché intervenire tutte insieme a strappare le recinzioni, hanno lasciato fare. Così è nata e si è consolidata la proprietà privata.

Lo stesso accade a proposito della guerra: i popoli che cosa fanno? Stanno a guardare, lasciano fare, non si rendono conto delle terribili conseguenze di ciò che sta accadendo.

Delle guerre i popoli ne hanno sempre pagato il prezzo più alto: questa volta potrebbe essere salatissimo.

E’ rimasto solo il papa a implorare la pace.

Eppure l’abbiamo visto: quando ci si disinteressa delle decisioni dei politici, quando si decide di lasciar fare, di non intervenire, alla fine c’è il disastro.

Non dico nemmeno il brusco risveglio perché per milioni di persone ci sarà semplicemente l’ingresso nell’al di là e per altri milioni di esseri umani che sopravvivranno ci saranno decenni di sofferenze inaudite.

Sappiamo tutto questo e non facciamo niente, ne siamo consapevoli ma nessuno muove un dito.

Non è questa una forma di follia?

Inorridiamo quando leggiamo dei massacri dei romani o dei mongoli di Gengis Khan ma i milioni di morti delle ultime guerre e le centinaia di migliaia di quelle attuali ci lasciano del tutto indifferenti.

C’è qualcosa che non va, nel cervello della specie.

Qualcosa che fa dell’umanità la specie più distruttiva e auto distruttiva mai apparsa sulla faccia della Terra.

Ma allora, a che cosa ci serve la razionalità di cui andiamo tanto orgogliosi?

A che cosa servono le religioni che pure predicano il rispetto e la pacifica convivenza?

Si è tanto scritto e discusso sulle caratteristiche della nostra specie ma, a mio parere, non ci conosciamo ancora a fondo.

Se ci conoscessimo bene riusciremmo a individuare le spinte più distruttive e avremmo anche imparato a contenerle.

Sapremmo apprezzare la pacifica convivenza, conquistarla e mantenerla.

Ci comportiamo invece, non come esseri sensibili ma come robot impazziti.

LA RADURA

Ci sono filosofi che hanno esplorato le potenzialità positive dell’uomo e hanno indicato la strada da percorrere: il sentiero stretto e accidentato che permette agli esseri umani di vivere il meglio della loro essenza ( ‘fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e conoscenza.).

Il più ‘grande’ in questo senso è Kant.

E ci sono pensatori che esplorano le ragioni buie della natura umana, le dimensioni notturne più che quelle solari, gli anfratti dell’essere più che le sue vette.

Si immergono nei bassifondi dell’esistenza e colgono aspetti che sfuggono ai più: riescono ad esprimere ciò che captano in un linguaggio criptico, da iniziati. Quasi incomprensibile.

Tra questi ci sono alcuni filosofi francesi del ‘900 (Foucault, Derrida, Lacan … tanto per fare qualche nome) e primeggia Heidegger.

Filosofi che non ho mai amato e che, forse, ho anche capito poco.

In parte e in qualche modo sto capendo adesso.

Sono i filosofi dell’ultima spiaggia, del sottobosco dell’anima, che capisci quando anche tu hai toccato il fondo e brancoli nel buio.

Sono i filosofi del limite, che scandagliano le zone oscure e impenetrabili della mente e della natura umana e le rendono nell’unico linguaggio possibile, appropriato alle tematiche.

Cioè estremamente criptico e quasi incomprensibile.

Vorrei accennare con poche parole al concetto di ‘radura’ (Lichtung) introdotto da Heidegger.

Radura’; luce improvvisa e breve nella selva dell’esistenza (dell’esserci), chiaroscuro che lascia intravedere ma che subito nasconde.

E vuol dire anche ‘diradare’: vedere e non vedere, perché la radura appare dopo il buio della selva e la sua luce può abbagliare e confondere.

Si tratterebbe di concedere spazio e tempo alla sempre sfuggente verità, che si può intravedere ma che subito scompare (aletheia).

Per tradurla in termini esistenziali; non so se sono entrato in questa specie di ‘radura’ o se sto ancora brancolando dentro una ‘selva oscura’.

Questo per il semplice fatto che la radura non offre una visione chiara e persistente e, rispetto all’oscurità della selva, colpisce con una luce che può anche essere ingannevole.

Il mio filosofo di riferimento è sempre stato Kant ma ci sono momenti in cui la sua ‘solarità’, la sua intransigente trasparenza sono difficili da mantenere.

In cui ci si sente a tal punto smarriti nell’oscurità baluginante della vita da riuscire a ritrovarsi solo nei labirintici dedali descritti dai pensatori delle età senza certezze.

Riuscirà il nostro ‘eroe’ ad incontrare il suo ‘Virgilio’ e a trovare il sentiero per superare la ‘selva oscura’?

Hoc est in votis.

Basterebbe riflettere sulle condizioni di vita in cui si agita gran parte dell’umanità: mi potrei addirittura sentire fortunato.

Ma non è facile.

Non sempre le disgrazie degli altri volgono in ottimismo il pessimismo soggettivo.

Le sfortune dei più rimangono all’esterno, al di là, non entrano nella mente dove invece furoreggiano i propri personalissimi mostri.

L’unica cosa veramente saggia da fare è aspettare, cercare di riflettere, ricomporre le situazioni inserendole in contesti più ampi.

Ridimensionare.

E chissà.

Il tempo può aggravare i contesti ma li può anche stemperare e risolvere: almeno in qualche modo.

Cosa che non sanno fare i potenti che guidano le nazioni.

Che alla solarità dell’ovvio, preferiscono il buio della foresta.

GUERRA!

C’è in giro, nei piani alti dei popoli, una gran voglia di scatenare una guerra generalizzata e disastrosa.

Nulla di eccezionale o di veramente nuovo.

E’ sempre successo, periodicamente, da che esiste l’umanità.

Né sono straordinarie o assolutamente nuove le modalità.

La guerra viene dichiarata dalle élites, che poi non la fanno; obtorto collo è accettata dai popoli che poi la devono fare, pagandone un prezzo salatissimo.

Di motivi per fare una guerra ce ne sono sempre, a bizzeffe: a ben guardare le società riproducono in modo amplificato ciò che succede nelle piccole comunità, anche nelle famiglie.

In fondo poi, a dirla tutta, non siamo molto diversi dagli animali rispetto ai quali, invece, ci sentiamo immensamente superiori.

Anzi le comunità animali, che noi spregiativamente chiamiamo branchi, hanno dei meccanismi congeniti, delle regole innate che limitano moltissimo la lotta mortale intraspecifica.

Succede a volte che individui della stessa specie si ammazzino per la conquista del potere procreativo, ma sono casi rari: gli animali conoscono molte modalità per evitare gli esiti più negativi delle lotte.

In ogni caso la mortalità degli individui in queste lotte intraspecifiche è estremamente limitata.

Solo l’essere umano, dato che è l’animale più intelligente, ha inventato strumenti di morte di massa, sistemi universali di sterminio.

Che usa a cuor leggero, quasi fossero goliardate, non tanto per garantirsi una continuità genetica o per accaparrarsi del cibo ma per i motivi più svariati: soprattutto per l’esercizio esclusivo del potere.

Siamo la specie più evoluta mai apparsa sulla faccia della Terra: capace, addirittura, di distruggere completamente sé stessa.

Cosa che nessun’altra specie è in grado di fare.

Marinetti, nel 1909, ha definito la guerra ‘sola igiene del mondo’.

Secondo Hegel la guerra è un fuoco rigeneratore che distrugge e purifica: ‘è un antidoto contro l’infiacchimento dei popoli, distrugge ciò che è vecchio e negativo e libera lo spirito’.

Per Kant, invece, è la pace che deve essere perseguita, fino ad arrivare a renderla perpetua.

Filosofi, scrittori e governanti propugnatori della guerra, tuttavia, si guardano bene dal farla.

La scatenano e la esaltano ma mandano gli altri a farla.

Ritengo con Kant che la guerra sia una delle azioni più disastrose: l’umanità dovrebbe impegnarsi per realizzare condizioni di pace durature.

Le società umane hanno a disposizione tante altre modalità e interventi per rinnovarsi, per liberarsi di ciò che è vecchio e sorpassato e ripartire. Per risolvere in modo pacifico i loro contrasti.

E’ naturale che i viventi, a qualunque specie essi appartengano, abbiano dei motivi per opporsi gli uni agli altri.

Ma dovrebbe anche essere ‘naturale’ che gli individui dotati di capacità intellettive adottino delle modalità non violente per risolvere i contrasti.

Altrimenti, a che cosa serve la razionalità?

Ad ammazzarsi meglio? Ad ammazzarsi a milioni per futili motivi?

Io penso che uno dei modi più efficaci per avere meno guerre sia il seguente: coloro che dichiarano la guerra e i suoi propugnatori siano obbligati a partire per primi, a mettersi subito in prima linea.

Loro e i loro famigliari più stretti.

Verrebbero escogitati mille modi per evitare le guerre, con grande beneficio per tutti.