SOLE vivo

Sembra imminente una tempesta solare di notevoli proporzioni.

Tipo quella che si è verificata attorno alla metà dell’800.

Le conseguenze allora furono notevoli ma non drammatiche.

Oggi, invece, sarebbero catastrofiche.

Tutti i satelliti sarebbero accecati, tanto per cominciare.

Gli strumenti informatici diventerebbero inutilizzabili: non si potrebbe più contare su un’energia elettrica continua e uniforme.

Inutile dire che tutti i sistemi di pagamento, di transazioni monetarie, tutti i flussi di danaro diventerebbero irrealizzabili.

And so on.

La cosa potrebbe durare giorni, settimane o mesi.

Il nostro mondo andrebbe in tilt, rischierebbe il collasso.

Che dire?

L’età della pietra non è più solo nel lontano, mitologico passato ma si materializzerebbe dietro l’angolo.

Le conseguenze sui viventi sarebbero drammatiche.

Fine delle cure mediche ospedaliere così come le conosciamo e grandi difficoltà negli approvvigionamenti alimentari.

In breve tempo ci sarebbe una drastica riduzione della popolazione umana, soprattutto nelle aree più sviluppate del pianeta.

Ce ne andremo tutti ad intasare l’aldilà.

Il fatto è che il Sole, come anche la Terra e tutti i corpi celesti, è un organismo vivente, soggetto a mutazioni ed evoluzioni.

Tanto è vero che ha avuto un inizio e avrà una fine.

Noi siamo abituati a considerarlo un faro sempre acceso, uniforme, eterno e indistruttibile.

A confronto con la volubilità umana è un po’ così ma, considerato per sé stesso, in assoluto, è tutt’altra cosa.

È un organismo soggetto ad evoluzioni e cambiamenti.

Dettati dalla sua natura e costituzione, non dai nostri bisogni.

La nostra convinzione è ancora di tipo pre copernicano: pensiamo al Sole in funzione nostra.

Il Sole va per conto suo: noi possiamo solo sfruttarlo e sperare di essere fortunati.

In realtà ci comportiamo come se il Sole fosse eterno, immodificabile e sempre al nostro servizio.

Alla luce di queste considerazioni, non sono le guerre un’espressione di autentica follia?

Dovremmo essere uniti e solidali per fare fronte a tutte le sfide: e invece …

L’ho scritto spesso: noi esseri umani siamo come degli agnellini che lottano tra loro sotto lo sguardo attento di un branco di leoni affamati.

Pensiamo il Sole come un elemento delle stelle fisse.

Non immaginiamo che i ritmi di cui godiamo sono una fortuna da apprezzare giorno dopo giorno.

Pensiamo che il Sole sia al nostro servizio e che tutto ci sia dovuto.

Il Sole è un organismo vivente che ha una sua vita, un’evoluzione propria: noi siamo dei parassiti che, a sua insaputa, ne sfruttiamo i favori e i benefici. (*)

Ma tutto potrebbe finire, anche improvvisamente.

Bernard de Morlay (de Cluny) avrebbe oggi molti più motivi per scrivere il suo De contemptu mundi.

Più che niente, siamo fragili, fragilissimi, in balia di eventi che non possiamo controllare, su cui non abbiamo alcuna possibilità o capacità di influire.

Niente e nessuno, nell’universo, è tenuto a chiedere il permesso a noi.

Forse per questa irrilevanza ‘cosmica’ ci facciamo guerra e ci ammazziamo ogni giorno a migliaia

Come si fa a non definire folle la nostra specie?

Se non fosse che nel nostro infinitamente piccolo siamo infinitamente malvagi al punto da infliggerci l’un l’altro ferite mortali, si potrebbe dire che siamo una specie ‘ridicola’.

Nel senso che presumiamo molto al di là di quelle che sono le nostre capacità, le nostre reali possibilità.

Riusciremo a recuperare un briciolo di saggezza prima della fine?

Per salvare noi stessi e procrastinare il tracollo.

(*)

Il Sole è stato spesso adorato dagli antichi come una divinità

Il faraone Akhenaton della diciottesima dinastia, che regnò nella prima metà del 1300 a.c., introdusse in Egitto il culto del Sole ed eliminò tutte le altre divinità. Si dichiarò egli stesso figlio del dio Sole. Il ‘pantheon’ tradizionale, tuttavia, venne re-introdotto dopo la sua morte.

Ladorazione del Sole come unico dio fu promossa anche nella Roma imperiale all’inizio del terzo secolo dopo Cristo dall’imperatore Eliogabalo: come tale non ebbe vita lunga e finì con la morte violenta dello stesso imperatore.

Il culto del Sole tuttavia non scomparve del tutto, sopravvisse e si rafforzò nel tempo.

Il cristianesimo ne assorbì delle suggestioni e alcune feste cristiane si sovrapposero alle celebrazioni del dio Sole.

(Valga per tutte l’esempio del Natale cristiano. Pare proprio che Gesù non sia nato il 25 dicembre ma in un altro giorno. Forse anche in un altro periodo. Il 25 dicembre era celebrato come il ‘Dies natalis solis invicti’. I cristiani sostituirono la divinità pagana con il fondatore del cristianesimo ed enfatizzarono la data e il nuovo evento).

NOLONTA’ del PAPA

Quando uno è morto, i vivi fanno di lui ciò che vogliono: anche ciò che va contro le espresse volontà del defunto.

Succede a tutti, è successo anche a papa Bergoglio che così si è trovato omologato alla gente comune con cui si è sempre sentito in sintonia.

Aveva chiesto di essere chiuso subito dentro la bara e di non essere esposto.

È stato esposto scoperchiato alla vista di tutti, per giorni, nonostante mostrasse nella faccia un vasto ematoma.

L’unica sua volontà che i cardinali e i gestori dell’intera faccenda hanno assecondato è quella della sepoltura: ha chiesto di essere messo a Santa Maria Maggiore e là l’hanno portato.

Secondo me l’hanno fatto soprattutto perché questo ha permesso di trasportarlo da San Pietro a Santa Maria Maggiore, di attraversare dunque tutta la città e di tenere ancora per ore l’attenzione di tutti sul Vaticano e sulla Chiesa cattolica.

In che mani sei finito, caro Bergoglio.

Lo sapevi, li conoscevi, hai fatto di tutto per scongiurare il tuo sfruttamento ma, nella morte, nemmeno tu hai potuto qualcosa.

Così i tuoi sodali ti hanno usato fino alla fine e oltre, per i loro interessi di bottega.

Vale, in ogni caso.

La Chiesa è sempre stata maestra nello sfruttare tutte le circostanze mondane per mettersi al centro dell’attenzione mondiale: poteva farsi sfuggire questa occasione?

E l’ha sfruttata fino in fondo.

Dov’è la spiritualità?

Dove la dimensione escatologica?

Sono dettagli.

Quello che conta è mostrare i muscoli, attirare l’attenzione universale, fare proseliti, épater le bourgeois …

Adesso viene la scelta del successore che dovrà avere qualità religiose e soprattutto ‘politiche’ per riuscire a governare la chiesa in questa nostra epoca senza punti di riferimento, orfana di tutte le ideologie e in preda a pericolose vertigini.

A parte i desiderata di Bergoglio che sono stati platealmente disattesi, le nuove guide, tuttavia, non potranno prescindere dalle sue preoccupazioni, dalla sua attenzione per le masse dei diseredati, dalla sua ansia per le contraddizioni in cui si dibatte l’umanità, per l’incapacità degli uomini di percepirsi solidali di fronte alle gravi sfide che il pianeta mette loro sotto i piedi.

Volenti o nolenti anche i ‘patres conscripti’ dovranno riprendere in mano l’agenda di Bergoglio, ritornare alla sensibilità verso il pineta e i suoi abitatori che era di Francesco di Assisi: dovranno saper dire qualcosa di significativo e positivo alle persone che si trovano in difficoltà (e, visto il blackout di Spagna e Portogallo, potrebbe anche trattarsi di buona parte dell’umanità).

Perché, come dicevano gli antichi, Bergoglio o non Bergoglio ‘ducunt volentem fata, nolentem trahunt’.

Se al posto di ‘fata’ mettiamo ‘gli eventi’ il senso non cambia.

IPOCRISIE

Tutti scandalizzati per i morti ucraini, pronti anzi a scatenare una guerra mondiale.

Tutti indifferenti per le decine di migliaia di morti palestinesi e per le immani distruzioni provocate da Israele.

Ci sono esseri umani e esseri umani: alcuni sono semidei, altri sono polli.

Perché la Francia e l’Inghilterra così sensibili verso gli ucraini non muovono un dito in difesa dei palestinesi e li lasciano massacrare all’infinito?

Misteri dell’insensibilità e della ferocia proprie di noi umani.

Si sapeva che Israele si ispira alla dottrina ‘occhio per occhio, dente per dente’ ma qui abbiamo superato ogni limite.

Siamo passati da un atteggiamento che si poteva anche capire alla barbarie.

Ci meravigliamo delle distruzioni provocate dai Vandali, dagli Unni o dai Mongoli di Gengis Khan.

Israele li ha superati di gran lunga.

Quel che è più stupefacente è che gli altri popoli o approvano o stanno a guardare.

Pronti a fare la guerra per l’Ucraina, sordi e ciechi nei confronti dei Palestinesi.

Un commando palestinesenell’ottobre scorso, ha proditoriamente ammazzato almeno 1200 israeliani e fatto prigionieri altri 250.

Crimine orrendo ed esecrabile, figlio di una situazione incancrenita: comunque ingiustificabile e da condannare senza riserve.

Gli autori andavano perseguiti e puniti.

Da quell’episodio è invece scaturita una reazione spropositata ed indiscriminata tendente, non tanto e non solo a punire i colpevoli, ma a cancellare un intero popolo dalla faccia della Terra.

E’ accettabile?

E’ condivisibile?

Si può pensare che una qualche divinità, fosse pure il terribile Dio dell’Antico Testamento, possa approvare una simile carneficina?

La mia risposta, per quello che vale, è NO a tutti gli interrogativi.

Avrei capito una caccia serrata ai colpevoli, anche spietata: non questo massacro.

Gli Ebrei hanno subito, anche nel corso della storia recente, atrocità mostruose: hanno quindi acquisito il diritto di commetterne altrettante nei confronti di una popolazione inerme?

Io credo di no.

Il problema della convivenza tra ebrei e palestinesi è certamente intricato e complesso e, per molti motivi, di non facile soluzione. Non ultima la questione della convivenza di due popolazioni numerose e diversissime in un territorio molto ristretto.

L’olocausto non l’hanno perpetrato i palestinesi né hanno chiamato loro gli ebrei nei loro territori.

In ogni caso, data la situazione che si è creata, il dialogo e il confronto non hanno alternative.

A meno che non si voglia considerare un’alternativa la ‘foresta’ attuale nella quale ci si ammazza fino allo sterminio totale.

Per quanto riguarda noi, invece, forse è giunta l’ora di abbandonare l’atavica nostra ipocrisia che ci induce a stracciarci le vesti per alcuni morti e a rimanere del tutti indifferenti nei confronti di altri.

Nessuno ha il diritto di uccidere indiscriminatamente altri esseri umani: non ce l’avevano i nazisti, non ce l’hanno i palestinesi non ce l’ha lo stato di Israele.

Se si riscoprissero le ragioni profonde dell’essere ‘esseri umani’ forse si potrebbero trovare le strade per risolvere i contrasti in maniera pacifica, senza stragi né inaccettabili ritorsioni.

GAZA e TRUMP

Ho visto delle immagini di Gaza.

Una distruzione immane, totale.

Una rappresaglia al cui confronto quelle dei nazisti sembrano sfuriate da ragazzacci.

Alle Fosse Ardeatine furono uccise 335 persone.

In realtà dovevano essere 330, 10 per ogni militare morto nell’attentato di via Rasella.

Ne furono radunate 5 in più: alla fine decisero di ucciderle comunque.

Nell’attentato dell’ottobre scorso il commando palestinese ha ucciso 1400 persone circa e ne ha rapite 240.

Un atto brutale ed esecrabile.

In ogni caso mettendo insieme le due cifre abbiamo 1640; applicando il metodo ‘Ardeatine’, dovevano essere uccisi 16400 palestinesi.

Ne sono stati ammazzati 3 volte di più. Finora.

Gaza, in più, a differenza di Roma, è stata messa a ferro e a fuoco, totalmente distrutta.

Che dire?

Lascio che ognuno faccia le sue considerazioni.

Trump si è presentato, innanzi tutto, come il distruttore dell’establishment, una sorta di ‘angelo sterminatore’.

L’alfiere dell’armageddon.

Ma anche come il ri – costruttore del mondo, a favore degli americani (statunitensi) naturalmente.

Ha promesso di tutto e di più e, per converso, ha minacciato una severità inappellabile.

Ha parlato e deciso come se fosse l’unico capo politico e militare della Terra. Senza mai nominare altri soggetti.

Gli altri, appunto, staranno a guardare? Tutti ipnotizzati?

Mi fa venire in mente Charlot quando ‘gioca’ con il mappamondo.

Quanti milioni di morti ammazzati (non americani) è disposto a mettere uno sull’altro per soddisfare la sua hybris?

POST SCRIPTUM

*) A proposito di Gaza.

Che gli Ebrei nel Novecento siano stati vittima di un orribile genocidio è fuori di dubbio.

Neanche a dirlo, si tratta di qualcosa di mostruoso ed abominevole.

Tuttavia non si può dire che gli Ebrei abbiano l’esclusiva del genocidio. Purtroppo.

Tanti altri ne sono stati perpetrati nel corso della Storia e non è giusto ignorarli o de-rubricarli.

Ricordo solo quello degli Armeni all’inizio del ‘900 ad opera dei Turchi e quello dei Tutsi per mano degli Hutu verso la metà degli anni 90 del secolo scorso.

Voglio sminuire l’orrore della Shoah?

Tutt’altro.

Voglio solo dire che nessuno può pretendere l’esclusiva del massacro, dato che, purtroppo, gli esseri umani, periodicamente, sono soliti lasciarsi andare a tali nefandezze.

Sarebbe quindi importante, a mio giudizio, riflettere sulle caratteristiche della natura umana e sulle circostanze che possono indurre le persone, i popoli, le società a commettere simili atrocità.

Così avremo qualche chance di scongiurarle in futuro.

E soprattutto eviteremo che le vittime, passato qualche decennio, si trasformino a loro volta in carnefici.

*) Trump

Forse mi sbaglio, spero di sbagliarmi ma mi sembra un Presidente piuttosto pericoloso.

Trump ha sempre pensato (e detto) di essere stato derubato della Presidenza degli USA la volta scorsa.

Quindi affronta questo suo mandato con una gran voglia di rivincita e una nemmeno velata sete di vendetta.

Questo per quanto riguarda la politica interna.

Sullo scacchiere mondiale si auto propone, invece, come l’unico attore, come il gestore esclusivo della politica mondiale.

Se possiamo dire che poco ci interessa della sua politica interna e della resa dei conti che vorrà intraprendere colà, non altrettanto possiamo affermare dei suoi proclami concernenti gli affari mondiali.

La sua volontà di imporre sempre e comunque gli interessi americani, di mettere il benessere degli USA davanti a tutto e sopra tutto è destinata a scontrarsi e con le uguali pretese di altri soggetti e con la ‘logica’ volontà degli altri popoli di tutelare se stessi.

Insomma mi sembra partito con il piede sbagliato.

Anziché cercare la collaborazione delle altre realtà politiche per incrementare il benessere generale, in qualche modo pretende che tutti lavorino per aumentare la ricchezza degli USA.

Questo suo atteggiamento o si sgonfierà come un azzardo mal riuscito, o creerà le premesse per conflitti che potranno anche essere molto pericolosi per tutti.

LA VITA?

È l’insieme delle cose da fare.

Quando non hai più niente da fare (o lo credi, che è lo stesso) viene meno anche la motivazione a vivere.

Perché diventa un puro e semplice respirare, che puoi anche interrompere.

Questo è ancora più vero se quel che ti rimane da fare è solo un coacervo di attività ‘pesanti’ e sommamente fastidiose.

Finito ciò che si deve, si può anche togliere il disturbo.

Probabilmente io non so vivere, non so vedere e quindi non so cogliere gli aspetti positivi della vita.

Quelli degni di essere vissuti ad ogni costo.

Forse non ce ne sono.

Ci sono solo degli obblighi, degli impegni da onorare. In quanto persona.

Assolti quelli si diventa liberi: di continuare a respirare o di scrivere la parola fine.

Senza titoli di coda.

La vicenda individuale, in fondo, è ben poca cosa se considerata nel contesto dell’intera umanità.

Se poi la inseriamo nel tutto dell’universo, allora è proprio niente

Neppure un sospiro.

Gli umanisti hanno preso un abbaglio.

Forse determinato dalla ‘qualità’ dell’epoca precedente.

Sbucarono fuori da un tunnel, videro un po’ di luce e sembrò loro di essere stati catapultati in braccio alla verità e alla bellezza.

Da quasi ciechi che erano, si dotarono di occhiali luminescenti, multicolorati, caleidoscopici.

Occhiali che, mentre ingigantivano ciò che era vicino, loro stessi, eliminavano, oscuravano e rimpicciolivano tutto il resto.

Soprattutto quelli che li avevano preceduti.

Naturalmente, a ben vedere, la vita è anche altro.

Ci sono le attitudini e le ‘vocazioni’ personali, innanzi tutto: quelle che caratterizzano in modo particolare l’esistenza di ognuno.

La musica, per esempio, la poesia, la pittura e le tante altre espressioni artistiche ciascuna delle quali, da sola, può ‘riempire’ tutta un’esistenza.

Anche i rapporti positivi con altre persone possono costituire un saldo legame con la vita: un amico, un partner, un confidente sono spesso una vera e propria scialuppa di salvataggio.

E poi c’è la natura: il sole, il vento, gli animali, le montagne, il mare … Sono espressioni di vitalità profonda e genuina che possono appagare e riempire l’animo di pace e serenità

Come non ricordare, per finire, le idealità? Siano esse umane o religiose.

Interpretare la vicenda umana alla luce della religione, inquadrandola magari in un contesto più ampio e significativo può dare forza nelle avversità e trasformare l’esistenza terrena in qualcosa di più grande e gratificante.

Le opzioni che ci si presentano sono quindi molteplici.

La vita è tutto questo: è poca cosa, è niente, è un’avventura meravigliosa, un dovere, un impegno, una recita, una comparsata, un viaggio impegnativo ma gratificante …

E’ tante cose diverse.

Così come siamo diversi noi esseri umani che percorriamo le sue strade.

Ognuno sceglie e, più spesso, sono le circostanze che scelgono.

L’importante è essere fieri della propria dignità, godere del bello della vita, combattere contro le avversità con la serena consapevolezza che non tutto è in nostro potere.

Non è dipeso da noi l’inizio della vita così come non dipenderà da noi la sua fine.

La vita? (Per tornare al titolo).

E’ l’esperienza che ci accomuna tutti.

Che ogni essere umano dovrebbe poter vivere nel migliore dei modi.

Tutti, nessuno escluso.

Per questo rigetto l’ideologia che trasuda da tutto ciò che Trump è, fa, dice e significa.

Il meglio per pochi: gli eletti.

Gli altri?

Possono tranquillamente andare a fondo, comunque togliersi di mezzo.

Direi che, anche se con sfumature e toni diversi, richiama un po’ l’ideologia nazista.

E’ stato proprio del tutto casuale e fuori luogo il saluto ‘romano’ di Musk?

In genere, quando l’umanità gonfia i muscoli in questa maniera, poi va a sbattere, con pericolose conseguenze per tutti.

Mi auguro che siano soprattutto ‘trombonate’ di inizio corsa e che poi vinca la ragione.

Almeno il buon senso.

LA PELLE RACCONTA …

Puoi mentire quanto vuoi, sull’età, per esempio: sarà la tua pelle a urlarla.

Arrivati ad un certo punto, grinze e pieghe si formano e si sovrappongono giorno dopo giorno ad un ritmo serrato ed irrefrenabile.

Eri giovane, fino a qualche tempo prima, nessuno lo poteva negare.

Arriva il momento in cui non lo sei più, tutti lo possono constatare.

In questo senso la pelle è l’esatto contrario della mente.

La mente concepisce e nasconde, lavora al buio e ordisce trame invisibili.

Ci sono certo differenze sostanziali tra persona e persona: c’è chi non riesce a tenere nascosto nemmeno il moto più innocente dell’anima e chi custodisce gelosamente negli anfratti più remotti della propria mente segreti incomunicabili.

La cronaca ci racconta di individui che vivono per anni gomito a gomito con altre persone, famigliari o amici, senza mai tradire astio o repulsione salvo poi, improvvisamente, scagliarsi contro di loro con inaudita efferatezza.

Dovremmo avere per l’anima uno schermo come la pelle, così da mettere in sicurezza almeno coloro che ci vivono accanto.

E’ pur vero, tuttavia, che ci si ingegna in ogni modo per far sì che la pelle menta, che racconti una storia diversa dalla sua età biologica, che trasformi l’inganno in un incanto.

Di fatto amiamo la segretezza della mente, la sua capacità di tenerci al sicuro da sguardi indiscreti, di difenderci dalla morbosa curiosità dei nostri simili.

Non ci piace per niente la schiettezza della nostra pelle, al punto che chi può la camuffa e la confonde.

Ebbene sì, devo riconoscerlo: mi piacerebbe che la mia pelle fosse un po’ meno sincera.

D’altra parte forse non sarebbe male se la nostra mente fosse un po’ meno impenetrabile: almeno rispetto alle nefandezze più atroci.

BIDEN, IL FIGLIO E NOI

Ci hanno sempre detto che i politici americani sono molto diversi dai nostri.

In America domina una cultura di matrice riformata, calvinistica per certi aspetti, per cui, per esempio, nessuna persona investita di un qualche potere interviene nei procedimenti giudiziari per favorire amici o parenti.

Il figlio di Biden era inquisito, tra l’altro, per possesso illegale di arma da fuoco, per aver dichiarato il falso a proposito dell’assunzione di droghe e per evasione fiscale.

Il presidente, proprio perché sta concludendo il suo mandato, non ha voluto lasciare suo figlio nelle mani dei giudici e gli ha concesso una grazia ‘piena e incondizionata’.

Ha offerto per questo suo gesto un’ampia gamma di giustificazioni che non hanno convinto nessuno.

Ha fatto molto meno Carlo Donat Cattin in favore del proprio figlio Marco.

Bisogna dunque riconoscere che noi italiani non siamo peggiori degli altri che si impancano a nostri severi giudici.

Cerchiamo di piegare le leggi a nostro favore ma forse riusciamo a conservare un briciolo di dignità.

(Vedasi anche il caso Trump: intrallazzi, maneggi e schiere di avvocati e procuratori al proprio servizio. Roba da far impallidire Berlusconi).

La vantata superiorità morale degli anglosassoni nei confronti dei latini non esiste. Ce l’hanno sempre raccontata ma era ed è una bufala.

Come non esiste la maggiore inflessibilità morale del mondo riformato rispetto all’universo cattolico.

Gli anglosassoni saranno bravi nell’inventare sempre nuove occasioni di spesa e di consumo (vedasi il Cyber Monday di questi tempi) ma quanto a morale farebbero bene a tacere.

Tengo famiglia’ regna in tutto il mondo umano, a tutte le latitudini e in tutte le classi sociali.

CHIAROSCURO

C’è luce al di là del buio.

Mi sembra di poterla raggiungere facilmente.

Ma più mi avvicino e più si allontana.

Allontanandosi diventa sempre più fioca.

Sono partito con molti compagni di strada.

Mi volto e ne vedo pochissimi.

Dove saranno andati?

Qualcuno sarà morto.

Qualcun altro avrà cambiato idea e sarà tornato indietro.

Chi sono i pochi che continuano a camminare insieme a me?

Sono gli amici di un tempo, quelli dell’adolescenza e della prima giovinezza.

Quelli che avevo da bambino forse sono morti.

Qualcuno sta rintanato nella sua casa assistito da estranei.

Non ne riconosco più nessuno.

Gli amici dell’adolescenza e della prima giovinezza?

Sono pochi, fidati e sinceri.

Sono quelli rimasti attorno a me.

Non saprei dire perché mi sono rimasti solo questi.

Nessuno dell’età infantile.

Nessuno dell’età matura.

La vecchiaia non è fatta per accendere nuove amicizie.

Forse per continuare a coltivare e irrobustire le antiche.

Non saprei spiegarmi perché succeda questo.

Perché di tutte le persone conosciute e frequentate nell’arco della mia non breve esistenza mi siano rimasti solo quei pochi, antichi amici.

Eppure una spiegazione ci deve essere.

Non voglio nemmeno indagare se è successo lo stesso anche a qualcun altro.

Forse più che dalle persone dipende proprio dal periodo, dalla particolare età.

Dai 13-15 ai 17-19: più o meno.

Un arco temporale magico, fondamentale per la formazione delle persone.

In quel periodo non si è più bambini: questi amano trastullarsi, si pongono al centro del loro mondo, stringono rapporti solo con coloro che sono disposti a riconoscere la loro centralità

E non si è ancora adulti: che accettano rapporti soltanto se comportano anche dei vantaggi.

No, in quello straordinario periodo si è in lotta con la vita, molto spesso con gli adulti, talvolta perfino con il mondo intero.

Si cercano e si accettano sodali che combattano le stesse battaglie , non tanto per conseguire degli interessi personali ma per far trionfare la verità e la giustizia.

Sono gli anni della ricerca affannosa del santo Graal, della caccia instancabile al vello d’oro; gli anni della poesia e dell’assalto al cielo.

Si sognano e si tentano imprese, in quegli anni, mai da soli, tuttavia.

Lo si fa con degli amici, con pochi fidati coetanei: che condividono gli stessi ideali, che sognano le stesse imprese, che vivono degli stessi sentimenti e delle medesime passioni.

Si rimane sempre più soli, in vecchiaia, mano a mano che la inflessibile signora falcia le vite come fossero secchi steli d’erba.

Senza riuscire a rimpiazzare gli amici perduti, avvertendo, invece, sempre più distintamente il sibilo della inesorabile lama.

Non c’è poesia, alla fine, ma solo prosa.

Anche se bisogna riconoscere che c’è prosa e prosa: potrebbe essere ostica come quella dell’Ulisse di Joyce o soave ed evocativa come il muto saluto che Renzo e Lucia indirizzano alle montagne della loro infanzia.

Com’è la nostra prosa?

LO STATO DELLE COSE

 

Il titolo è pretenzioso, lo so, ma il reale che stiamo vivendo è a dir poco sconcertante: a detta di molti addirittura drammatico.

Secondo non pochi commentatori saremmo addirittura nell’imminenza della terza guerra mondiale.

Considerando gli eventi bellici del passato, in particolare le due guerre mondiali del novecento, ci siamo più volte chiesti: ‘com’è potuto accadere?’

Com’è stato possibile che degli esseri umani abbiano acceso una simile catastrofe …’

Ecco, adesso lo sappiamo, è sotto i nostri occhi.

Che le élite diventino ad un certo punto sorde e cieche può anche essere messo nel conto: esse perseguono propri obiettivi di potere e sono disposte a tutto pur di conseguirli.

Sono disposte soprattutto a mandare al macello migliaia (milioni) di loro simili, pur di averla vinta.

Mandano a morire il popolo cercando di preservare se stessi e i loro beni. Magari di incrementare questi ultimi (come è spesso successo).

No è più ‘muoia Sansone con tutti i Filistei’ ma solo ‘muoiano i Filistei e si salvi Sansone’.

Che le cosiddette élite si comportino in questo modo è anche comprensibile: vogliono la guerra per guadagnarci, non per morire. Per incrementare i propri beni, non per perdere tutto.

Non ho mai capito e continuo a non capire il comportamento dei popoli, delle masse: cioè di coloro che dalla guerra hanno da rimetterci. In termini di beni e, soprattutto, quanto a vite umane.

In tutte le guerre fin qui combattute, soprattutto nelle ultime, è sempre il popolo a pagare il prezzo più alto e doloroso.

Perché questi popoli, alla luce di queste evidenti considerazioni, non fanno di tutto per opporsi alle guerre, non inondano di persone le piazze, non bloccano i palazzi del potere pur di evitare lo scoppio di una guerra?

Perché non lo fanno?

Rimane per me un mistero.

Ci sono alcune specie di lemming che, si dice, ad un certo punto del loro ciclo riproduttivo vanno a suicidarsi in massa. Non è chiaro se questo è vero ma è certo che in certi posti sono state ritrovati mucchi consistenti di carcasse di questi piccoli roditori.

Dunque l’affermazione forse non è vera per i lemming ma sembra essere vera per gli esseri umani.

Ad un certo punto della sua storia l’umanità sente il bisogno di una consistente auto distruzione.

Sembra quasi che percepisca di aver raggiunto un punto non più migliorabile del suo sviluppo e avverta il bisogno di una mostruosa ecatombe per poi ricominciare e ripartire verso più elevati traguardi.

Questa può essere una considerazione accettabile dal punto di vista della filosofia della storia ma, mi chiedo, perché viene fatta propria da chi deve pagare il prezzo di questa ipotetica palingenesi?

Fuor di metafora, perché noi, esseri umani contemporanei, tolleriamo di venire spazzati via per favorire un ipotetico rinnovamento che non ci riguarderà e che, probabilmente, non toccherà nemmeno i nostri figli e nipoti?

E’ qualcosa di incomprensibile, soprattutto in riferimento a degli esseri viventi che si considerano razionali.

Per uscire da un impasse, potremmo assumere una miriade di decisioni diverse, al posto della guerra: proprio perché siamo ‘esseri razionali’.

O non lo siamo?

E se di mistero si tratta, trattasi di mistero doloroso.

la situazione

Finalmente dopo svariati tentativi, grazie soprattutto all’aiuto dei responsabili del sito, sono riuscito a ritornare nelle mie pagine.

E’ un evento che potrebbe sembrare banale, magari forse lo è, non saprei, ma nella mia attuale situazione mi sembra come un raggio di luce a squarciare un cielo tempestoso.

Ci si accontenta di poco a volte ma spesso quel poco non arriva.

Succede anche a livello più generale: tutti vediamo come basterebbe poco per disinnescare una situazione pericolosa. Pochissimo, pure. Eppure quel poco nessuno lo fa, tutti lo vedono ma nessuno ci mette mano. E così le cose peggiorano fino a diventare tragiche.

E’ come se stessimo scivolando verso un abisso, non rapidamente ma piano piano.

Vediamo l’abisso, ci rendiamo conto della situazione eppure non facciamo niente.

È così che poi ci si finisce dentro.

Non me lo invento certo io: è già successo parecchie volte nella storia dell’umanità.

Penso per esempio al famoso dispaccio di Ems, manipolato dal Bismarck, che indusse Napoleone III a dichiarare guerra alla Prussia e, quindi, ad andare incontro alla sua più completa disfatta.

Il momento che stiamo vivendo è piuttosto ingarbugliato, teso e potenzialmente esplosivo. Siamo nella condizione di poter continuare a vivere in pace oppure di ritrovarci dentro una disastrosa terza guerra mondiale.

Di fronte ad eventi di questo tipo ci siamo spesso chiesti: com’è potuto accadere, come hanno fatto a non anti – vedere l’abisso in cui stavano precipitando?

E dopo tutte le esperienze passate, come facciamo noi, oggi, a non prevedere la catastrofe che ci si prospetta?

I popoli tutti, dell’Europa almeno, dovrebbero scendere in strada non tanto contro la terza guerra mondiale, ma contro la sua eventualità. E’ il minimo che potremmo e dovremmo fare.

Comunque, visto che non abbiamo molta razionalità per salvarci, speriamo almeno di avere fortuna.

Non è gran cosa ma non mi pare abbiamo molto di più.

Grazie ancora ai tecnici del dominio e buona fortuna per tutti noi!