CHIAROSCURO

C’è luce al di là del buio.

Mi sembra di poterla raggiungere facilmente.

Ma più mi avvicino e più si allontana.

Allontanandosi diventa sempre più fioca.

Sono partito con molti compagni di strada.

Mi volto e ne vedo pochissimi.

Dove saranno andati?

Qualcuno sarà morto.

Qualcun altro avrà cambiato idea e sarà tornato indietro.

Chi sono i pochi che continuano a camminare insieme a me?

Sono gli amici di un tempo, quelli dell’adolescenza e della prima giovinezza.

Quelli che avevo da bambino forse sono morti.

Qualcuno sta rintanato nella sua casa assistito da estranei.

Non ne riconosco più nessuno.

Gli amici dell’adolescenza e della prima giovinezza?

Sono pochi, fidati e sinceri.

Sono quelli rimasti attorno a me.

Non saprei dire perché mi sono rimasti solo questi.

Nessuno dell’età infantile.

Nessuno dell’età matura.

La vecchiaia non è fatta per accendere nuove amicizie.

Forse per continuare a coltivare e irrobustire le antiche.

Non saprei spiegarmi perché succeda questo.

Perché di tutte le persone conosciute e frequentate nell’arco della mia non breve esistenza mi siano rimasti solo quei pochi, antichi amici.

Eppure una spiegazione ci deve essere.

Non voglio nemmeno indagare se è successo lo stesso anche a qualcun altro.

Forse più che dalle persone dipende proprio dal periodo, dalla particolare età.

Dai 13-15 ai 17-19: più o meno.

Un arco temporale magico, fondamentale per la formazione delle persone.

In quel periodo non si è più bambini: questi amano trastullarsi, si pongono al centro del loro mondo, stringono rapporti solo con coloro che sono disposti a riconoscere la loro centralità

E non si è ancora adulti: che accettano rapporti soltanto se comportano anche dei vantaggi.

No, in quello straordinario periodo si è in lotta con la vita, molto spesso con gli adulti, talvolta perfino con il mondo intero.

Si cercano e si accettano sodali che combattano le stesse battaglie , non tanto per conseguire degli interessi personali ma per far trionfare la verità e la giustizia.

Sono gli anni della ricerca affannosa del santo Graal, della caccia instancabile al vello d’oro; gli anni della poesia e dell’assalto al cielo.

Si sognano e si tentano imprese, in quegli anni, mai da soli, tuttavia.

Lo si fa con degli amici, con pochi fidati coetanei: che condividono gli stessi ideali, che sognano le stesse imprese, che vivono degli stessi sentimenti e delle medesime passioni.

Si rimane sempre più soli, in vecchiaia, mano a mano che la inflessibile signora falcia le vite come fossero secchi steli d’erba.

Senza riuscire a rimpiazzare gli amici perduti, avvertendo, invece, sempre più distintamente il sibilo della inesorabile lama.

Non c’è poesia, alla fine, ma solo prosa.

Anche se bisogna riconoscere che c’è prosa e prosa: potrebbe essere ostica come quella dell’Ulisse di Joyce o soave ed evocativa come il muto saluto che Renzo e Lucia indirizzano alle montagne della loro infanzia.

Com’è la nostra prosa?