Le televisioni parlano tranquillamente della terza guerra mondiale.
I giornali sviscerano l’argomento con grande zelo, quasi si trattasse di approfondire le guerre puniche.
Se ne discute tra amici e conoscenti, come se si dovesse accordarsi per un aperitivo.
La prima guerra mondiale ha causato circa 12 milioni di morti. Ci sono stime che variano in più e in meno. Senza dimenticare i milioni di feriti, più o meno gravi.
Nella seconda guerra mondiale ci sono stati almeno 55 milioni di morti: più i milioni di feriti, naturalmente. Questa guerra è stata notevole anche per le immani distruzioni.
Che cosa possiamo aspettarci dalla terza che, sicuramente, sarà combattuta anche con bombe atomiche?
I morti si potranno contare a centinaia di milioni, le distruzioni saranno inimmaginabili e l’ambiente risulterà inquinato per decenni.
Qualcuno pensa che la guerra non scoppierà, vista anche la deterrenza psicologica collegata alle bombe atomiche.
Mi pare che questo era vero fino a qualche anno fa, quando non si riusciva nemmeno ad ipotizzare l’utilizzo delle bombe atomiche.
Adesso se ne parla con grande naturalezza come se si trattasse di carri armati.
Per superare e far superare il rifiuto totale dell’utilizzo dell’armamento atomico si è cominciato a far ricorso ad un aggettivo: gli ordigni atomici sono diventati ‘bombe atomiche tattiche’. L’aggiunta dell’aggettivo finale le ha rese più accettabili. Sono atomiche sì, ma tattiche, quindi quasi normali.
Ho sempre pensato che dovrebbero essere i popoli ad impedire la follia della guerra, dato che sono quelli che ne pagano il prezzo più ‘salato’.
E mi sono sempre meravigliato della loro incapacità ad organizzare un rifiuto reale e totale.
Lo si vede anche adesso in Palestina: di fronte all’esercito che avanza il popolo fugge, si fa traslocare, accetta di andarsene e di lasciare libero il campo.
Che cosa succederebbe, invece, se le decine di migliaia di abitanti di Rafah scendessero tutti insieme nelle strade e si sdraiassero uno accanto all’altro?
Potrebbero i carri armati passare sopra decine di migliaia di corpi? Ne dubito.
Così adesso, ce ne stiamo in silenzio e in disparte a vedere noi stessi e tanta parte dell’umanità scivolare verso una guerra che potrebbe essere sommamente distruttiva e oltremodo sanguinosa.
Mi viene in mente la descrizione che J.J. Rousseau fa della nascita della proprietà privata (Secondo discorso sull’origine e i fondamenti dell’ineguaglianza tra gli uomini).
C’è stato un momento, immagina, in cui qualcuno ha cominciato a recintare degli appezzamenti di terreno e a dire che erano suoi, solo suoi, escludendo quindi tutti gli altri dalla loro utilizzazione.
Le persone intorno non si sono rese conto di ciò che stava accadendo e, anziché intervenire tutte insieme a strappare le recinzioni, hanno lasciato fare. Così è nata e si è consolidata la proprietà privata.
Lo stesso accade a proposito della guerra: i popoli che cosa fanno? Stanno a guardare, lasciano fare, non si rendono conto delle terribili conseguenze di ciò che sta accadendo.
Delle guerre i popoli ne hanno sempre pagato il prezzo più alto: questa volta potrebbe essere salatissimo.
E’ rimasto solo il papa a implorare la pace.
Eppure l’abbiamo visto: quando ci si disinteressa delle decisioni dei politici, quando si decide di lasciar fare, di non intervenire, alla fine c’è il disastro.
Non dico nemmeno il brusco risveglio perché per milioni di persone ci sarà semplicemente l’ingresso nell’al di là e per altri milioni di esseri umani che sopravvivranno ci saranno decenni di sofferenze inaudite.
Sappiamo tutto questo e non facciamo niente, ne siamo consapevoli ma nessuno muove un dito.
Non è questa una forma di follia?
Inorridiamo quando leggiamo dei massacri dei romani o dei mongoli di Gengis Khan ma i milioni di morti delle ultime guerre e le centinaia di migliaia di quelle attuali ci lasciano del tutto indifferenti.
C’è qualcosa che non va, nel cervello della specie.
Qualcosa che fa dell’umanità la specie più distruttiva e auto distruttiva mai apparsa sulla faccia della Terra.
Ma allora, a che cosa ci serve la razionalità di cui andiamo tanto orgogliosi?
A che cosa servono le religioni che pure predicano il rispetto e la pacifica convivenza?
Si è tanto scritto e discusso sulle caratteristiche della nostra specie ma, a mio parere, non ci conosciamo ancora a fondo.
Se ci conoscessimo bene riusciremmo a individuare le spinte più distruttive e avremmo anche imparato a contenerle.
Sapremmo apprezzare la pacifica convivenza, conquistarla e mantenerla.
Ci comportiamo invece, non come esseri sensibili ma come robot impazziti.