RIPRENDERE

Si tratta, ad un certo punto, di ricominciare, di ripartire.

E, prima ancora, di riprendersi.

Ci provo ma non ci riesco.

Non perché ci sia qualcosa di grave e pesante che si oppone: sono, semplicemente, svuotato.

E’ come se la persona cara che se n’è andata, senza volerlo, si fosse portata via una buona parte della mia interiorità, della mia mente.

Al punto che, adesso, non riesco più ad elaborare pensieri muniti di senso né, tanto meno, a descriverli.

Per scrivere qualcosa devo farmi forza, quasi violenza e così la spontaneità svanisce e tutto mi sembra macchinoso e artefatto.

Come uscirne?

Aspettando, credo.

Ma fino a quando?

Non avrei mai pensato che mi succedesse.

Immaginavo, invece, di avere tanto da raccontare, da riflettere e poi da esternare.

Invece niente.

Il vuoto più spinto e solido.

Il che significa, almeno per me, che la dipartita della persona cara non è solo la perdita di ‘qualcosa di esterno’ ma si connota come una diminuzione dell’interiorità.

Spero sia temporanea visto che provoca un profondo disagio che sconfina nella sofferenza.

Vorrei reagire ma non ne ho le forze.

Più che le forze mi mancano i contenuti.

Fare sì, ma che cosa?

Quali concetti sviluppare se la mente è vuota, quali sentimenti coltivare se il cuore è arido, secco, privo di umori?

Non ti accorgi dell’importanza delle persone finché ce l’hai accanto, finché la puoi toccare o contattare facilmente.

L’abitudine e la consuetudine dei rapporti fanno il resto.

Le persone familiari diventano un po’ come il mobilio di casa, ‘qualcosa’ di assolutamente normale, talmente normale da diventare trascurabile.

Ti accorgi della sua importanza solo quando, magari dopo decenni, viene rimosso, quando quella persona che completava il tuo mondo non c’è più.

Allora sopravvengono i rimpianti e i ricordi che, spesso, anziché riempire il vuoto creatosi, lo allargano e approfondiscono.

Bisogna farsene una ragione’, si dice.

Certo!

Di tutto bisogna farsene una ragione: anche delle catastrofi e delle guerre.

Forse è più facile guarire da una ferita materiale, dalla perdita o dalla rovina di un oggetto, per quanto importante esso sia.

Con le persone è diverso, soprattutto se c’è di mezzo una convivenza pluridecennale.

La scomparsa porta via interi capitoli della storia personale, è in realtà uno strappo che asporta radici, che mutila le membra dell’anima fino a farle sanguinare.

Metto punto.

Mi rendo conto che il lettore ‘estraneo’ potrebbe averne abbastanza di questa mia estrinsecazione e non capire tanta insistenza.

Le situazioni si comprendono solo se c’è sintonia, similitudine di circostanze, pari intensità emotiva.

Altrimenti la loro descrizione annoia o, peggio, infastidisce.

Auguro a tutti di non provare quanto io ho cercato di descrivere e di trapassare, ultra vecchi, sereni e appagati.