ACCENDERE UN FUOCO (28-04-2023)

ANDARE A FONDO

To build a fire.

E’ il titolo di una racconto di Jack London.

Forse ne ho già parlato o forse no: lo richiamo per sommi capi.

Narra la vicenda di un esploratore che si trova ad attraversare tutto solo delle lande innevate a temperature proibitive.

Lo accompagna il suo cane.

Ad un certo punto, in un tratto di fiume gelato, il ghiaccio si rompe e l’uomo si bagna i piedi: di qui la necessità di accendere subito un fuoco per evitare il congelamento.

Nonostante le dite mezze congelate, riesce ad accendere un fuoco ma nel posto sbagliato: si è posizionato sotto un grosso albero dalle cui fronde, smossa dal calore, precipita una folata di neve che spegne il fuoco.

Non ha più fiammiferi per riprovarci e, come unica possibilità di salvezza, pensa di potersi scaldare con il suo cane.

Il congelamento intanto avanza e il cane non si lascia avvicinare: ‘sente l’odore della morte’, annota lo scrittore e dopo un po’ abbandona l’uomo al suo destino e si dirige verso l’accampamento.

La lezione che se ne può trarre qual è?

Che è bene non affrontare da soli certe situazioni: nel senso che nemmeno un cane può bastare. Bisogna, invece, sapersi scegliere i compagni giusti.

Il cane ha seguito il suo istinto e non si è comportato come l’animale che abbiamo imparato a conoscere nelle favole.

Ma che cosa fanno, poi, tanti esseri umani in situazioni simili?

Che cosa facciamo noi?

Quante volte vediamo sprofondare i nostri simili e non muoviamo un dito!

E non mi riferisco solo ai disgraziati provenienti da altri mondi ma, soprattutto, ai nostri vicini, alle persone del nostro quartiere, della nostra strada, del nostro caseggiato.

Persone che per una malattia, per la perdita del lavoro, anche per una nascita a volte o per qualunque altro improvviso accidente si trovano sradicati dal loro quotidiano tran tran e precipitati verso il basso lungo una china priva di appigli.

Scivolano, tentano disperatamente di riprendersi ma più si agitano e più sprofondano.

Proprio come chi si sia impantanato dentro le sabbie mobili.

E chi gli sta intorno vede tutta la scena, constata giorno per giorno il progressivo sprofondamento ma non fa assolutamente niente, in molti casi si gira da un’altra parte. Perché non è piacevole veder soccombere chi ci sta vicino: molto meglio cancellarlo dalla vista e dalla mente.

Ho visto talvolta un branco di leoni assalire uno gnu: lo abbattono e cominciano a cibarsene.

La mia attenzione è sempre stata attratta dagli altri gnu che tutti in cerchio si fermano a guardare il banchetto.

Non sempre così vanno le cose quando ad essere assalito è un bufalo: spesso questi erbivori reagiscono, trovano il coraggio di assalire i felini fino a farli scappare così da salvare il loro ‘compagno’.

Sarà perché siamo tanti, troppi forse o per non so quale altra nostra caratteristica genetica ma nei fatti, noi esseri umani che ci crediamo tanto sensibili e superiori, ci comportiamo come gli gnu.

Raramente e solo in casi eccezionali diventiamo ‘bufali’.

Lo so che sono cose che non si dovrebbero dire ma dobbiamo avere il coraggio dell’onestà.

Ci si può perdere commettendo l’imprudenza di viaggiare soli in un territorio ostile ma si può andare a fondo anche in mezzo ad una società affollata. Nell’indifferenza generale.

Tali siamo.