Ci sono i ‘cari’ per definizione, per legge quasi e i ‘cari’ per scelta o per empatia.
Nei documenti ufficiali risultano solo i primi, nella vita valgono di più i secondi.
I cari ‘burocratici’, chiamiamoli così, sono i parenti più stretti: i genitori, i fratelli, i figli, i partner. Ci si può allargare al massimo fino agli zii, ai primi cugini e ai nipoti diretti.
A tutti costoro ci collegano legami di sangue, catene di DNA e anche lunga comunanza di vita quotidiana.
A volte quei lacci fisici si trasformano in amorosi sensi e allora nasce un rapporto che ha del sublime, fatto di elementi saldissimi e inestricabili.
Altre volte invece, in maniera a prima vista inconcepibile, quell’unione fisica, di natura ancestrale, si trasforma nell’inimicizia più efferata quasi che quell’attaccamento che durava da anni e che pareva inscalfibile fosse stato in realtà alimentato da un oscuro demone che sotto le apparenze dell’affetto nutriva l’odio e la repulsione.
E poi ci sono i ‘cari’ per empatia: quei soggetti che incontriamo per caso nella nostra vita e con i quali costruiamo nel tempo un’amicizia profonda, un rapporto che spesso esclude la fisicità e che si nutre di corrispondenze ‘spirituali’, che si abbevera ad un comune sentire che nel tempo diventa, anche senza volerlo, una sorta di ideale identità.
A mio avviso non se ne incontrano molte di persone di questo tipo ma le poche prescelte vivono una simbiosi eccezionale che si rafforza nel tempo e che non risente negativamente nemmeno dei periodi, anche lunghi, di forzata lontananza.
Quando sta male un ‘caro ‘istituzionale’ si soffre, perché trattasi di persone con cui, in ogni caso, si sono condivisi anni di vita e svariate esperienze.
Ma quando a subire i colpi di un destino avverso sono gli ‘amici dell’anima’, allora si soffre doppiamente, intimamente soprattutto.
In questo secondo caso non si tratta più di ‘alterità’ ma è come se una parte di noi stessi patisse le pene dell’inferno.
Succede anche che un ‘caro istituzionale’ sia pure un ‘caro empatico’, nel senso, per esempio, che la moglie diventa anche la tua migliore amica.
Sembra improbabile che questo accada e molta cronaca nera che scorre sui nostri media sembra confermare questa impossibilità.
Eppure succede e quando si realizza, il legame tra due persone diventa qualcosa di unico, di inesprimibile, di profondo e di insondabile.
Quando uno di questi soggetti cade vittima di una qualche disavventura, di una disgrazia o di una malattia, l’altro soffre terribilmente.
L’aria gli diventa irrespirabile, intorno a lui si crea il vuoto, tutte le sue certezze vacillano, deve farsi forza per cercare appigli e motivazioni per andare avanti.
Ciò che più gli dà forza ed energie è la determinazione a contrastare la disgrazia, a lottare assieme contro il destino per affermare decisamente la volontà di condividere fino in fondo la sorte del proprio ‘caro’.
‘Farsi coraggio per dare coraggio’: questo è il proponimento che, nonostante tutto, gli permette di continuare a sfidare la fatica dei giorni.
Le persone veramente care sono una grande risorsa della nostra esistenza.
Purtroppo spesso ci accorgiamo della loro importanza solo quando qualcosa si guasta, quando il tran tran della vita quotidiana viene proditoriamente sconvolto.
Allora il vuoto che si viene a creare rischia di trasformarsi in una sorta di buco nero che tutto risucchia.
Naturalmente in tutto questo nessuno può mai permettersi di lasciarsi andare: ‘fin che c’è vita c’è speranza’, recita l’adagio.
E vale per tutti: sia per chi è vittima in prima persona che per chi vi è trascinato dentro per comunione simbiotica.