Immortalità?
Il pensiero fisso di milioni (miliardi?) di esseri umani.
Vogliono durare più del pianeta che li ospita.
Più della stella che li tiene in vita.
Più dell’universo che tutto comprende.
Ricercano l’immortalità con la figliolanza, con i figli dei figli.
Con le opere.
Con la fede, soprattutto.
L’idea fissa dell’immortalità ha causato migliaia di morti.
Schiere di persone – vive, sane, vegete, anche giovanissime – hanno affrontato con ardore la morte. A volte persino con esultanza.
Eppure di questa seconda vita eterna non c’è alcuna evidenza.
Mai nessuno è tornato a raccontarla, a certificarla.
A parte gli episodi evangelici sui quali è lecito avanzare più di qualche dubbio.
Gesù sarebbe l’unico risorto di tutto il pantheon cristiano.
Dopo di lui nessun altro.
Possibile?
Si può credere a tutto, soprattutto a tutto ciò che non può essere dimostrato.
Possibile che di tutta questa vita eterna, di questo al di là che dovrebbe essere pieno di milioni di anime di trapassati non si sia mai potuta avere alcuna testimonianza certa?
Alcun inoppugnabile riscontro?
Dicono che senza la credenza nell’immortalità gli uomini si comporterebbero come bestie.
Perché adesso come si comportano, molto spesso?
Pur credendoci fermamente.
E poi dovremmo finirla con il tirare in ballo le bestie.
I lupi credono nell’immortalità? Non credo. Non penso che credano nemmeno all’eventualità di un giudizio dopo la morte.
Eppure formano delle società perfettamente funzionanti e stabili. Senza ammazzarsi continuamente l’un l’altro.
Lo stesso dicasi dei leoni, degli elefanti o dei suricati.
Per non parlare delle società di insetti, api e formiche tanto per citare solo qualche esempio.
È chiaro che l’essere umano non è solo razionalità: a mio parere ne ha piuttosto poca. E debole.
Più che dalla razionalità è mosso da appetiti, da istinti, da pulsioni che rendono la vita sociale piuttosto tormentata e difficile.
Gli animali sono capaci di gestirsi grazie alle ferree ‘direttive’ degli istinti.
Che per nostra sfortuna (ebbene, sì, mi sia concesso!) non abbiamo.
Con il briciolo di razionalità di cui disponiamo dovremmo costruire la tela sociale all’interno della quale ogni persona dovrebbe trovare il suo spazio vitale. Non le sofferenze e la morte indotte.
L’immortalità non c’entra niente.
Purtroppo, mi viene quasi da aggiungere.
Perché, secondo il mio modo di vedere, la credenza nell’immortalità dovrebbe essere un potente deterrente contro la violenza, il sopruso, la crudeltà e la vera e propria ferocia esercitate nei confronti dei simili.
Eppure non ha mai funzionato così, non accade nemmeno ai nostri giorni.
Tu credi che dopo la morte dovrai affrontare il giudizio di Dio che potrebbe comportare la condanna ad un tremendo castigo eterno e contravvieni ‘allegramente’ ai suoi comandamenti?
Com’è possibile?
Mi puoi parlare della fragilità dell’essere umano, della relativa malvagità della sua natura … ma lo spauracchio della dannazione eterna non ha dunque alcun ‘peso’?
E’ qualcosa che non riesco a capire
‘Mistero della fede’, mi verrebbe da dire.
Anche se, per un credente, bisognerebbe parlare del mistero della follia.
La follia dell’immortalità.