Ci siamo definiti sapiens, come specie.
Anzi, per non farci mancare niente e non esagerare, abbiamo raddoppiato: sapiens sapiens.
Non solo razionale, quindi, o intelligente ma proprio sapiente.
Definizioni di sapiente e sapienza della Treccani online.
Sapiente: detto di persona che è ricca di sapienza, che ha molte e profonde cognizioni, acquisite non soltanto con lo studio, ma anche attraverso l’esperienza, la meditazione, la riflessione
Sapienza: profondo sapere, condizione di perfezione intellettuale che si manifesta col possesso di grande conoscenza e dottrina. Con senso più ampio, dote, oltre che intellettuale, anche spirituale e morale, intesa come saggezza unita a oculato discernimento nel giudicare e nell’operare, sia sul piano etico, sia sul piano della vita pratica
Se questo è vero, con che faccia ci definiamo sapienti?
Sapiens sapiens poi …
Basterebbe che dessimo un’occhiata alla cronaca per renderci conto di quanto quelle auto definizioni sono lontane dal cogliere nel segno.
Direi che sono ridicole, se non fossero tragiche.
Siamo forse sapienti nell’escogitare degli aggeggi per rendere più agevole la vita quotidiana: direi che l’intelligenza umana si esplica soprattutto nell’invenzione di strumenti.
Si manifesta anche nell’ambito artistico e scientifico.
Dovremmo accontentarci di definirci ‘intelligenti’, capaci, cioè, non solo di riflettere sulle nostre esperienze per inventare qualcosa di nuovo e di diverso ma anche di lavorare con l’immaginazione e la fantasia così da superare lo status di pura e semplice animalità.
Ma non mi sembra che siamo saggi.
Se lo fossimo capiremmo che il fine vero della nostra esistenza è la maggiore felicità possibile: per tutti.
Capiremmo che non è accettabile che una parte di umanità viva alla grande alle spese dell’altra costretta, invece, nella sofferenza e nell’indigenza.
Al di là di tutto, lasciando quindi da parte i dettami delle religioni, prescindendo anche dalle più alte idealità della filosofia laica, come possiamo pensare che una parte consistente di umanità, forse quella maggioritaria, accetti di vivere nelle ristrettezze e nel dolore per permettere a un’altra parte, forse minoritaria, di vivere nella serenità e nell’abbondanza?
Lo accetteremmo noi?
Saggezza vorrebbe che tutti operassero per consentire all’intera umanità di vivere almeno dignitosamente, senza la schiavitù delle malattie curabili, senza la servitù della fame, senza l’ossessione derivante dalla mancanza dei beni primari.
Utopia?
Allora teniamoci le tensioni, le guerre, le migrazioni oceaniche e tutto l’inevitabile corollario di conseguenze negative che, alla fine, se non miglioreranno di molto le condizioni dei ‘dannati della Terra’, sicuramente peggioreranno l’esistenza dei ‘privilegiati’.
Nessuno può conoscere l’esito finale di queste dinamiche ma la Storia e Hegel ci insegnano che spesso, a lungo andare, il servo diventa padrone.
In ogni caso decenza vorrebbe che lasciassimo perdere il termine ‘sapiens’.
‘Sapiens sapiens’, poi, è addirittura disgustoso.