Numerose sono le definizioni e le interpretazioni di ‘metaverso’.
La cosa più chiara è che il termine è formato dalla preposizione di origine greca ‘meta’ e dall’ultima parte della parola ‘universo’.
La preposizione meta nella nostra lingua è diventata un prefisso che viene usato per modificare il significato dell’ultima parte della parola.
Alcuni dei suoi significati più comuni sono: dopo, con, oltre.
Con il termine meta-fisica, per esempio, si suole fare riferimento ad argomenti che concernono contenuti che si ritiene si collochino oltre le questioni più propriamente di fisica.
Il metaverso, come anche la ‘realtà aumentata’, è un mondo virtuale in cui, grazie all’uso di appositi apparecchi, ci si può sbizzarrire, ci si può perdere e ritrovare, si possono correre delle avventure e fare esperienze: possono essere anche ‘realistiche’ ma non incidono sulla realtà.
Arriveranno da oriente e dal sud e ci troveranno con gli occhialoni persi dentro mondi immaginari: conquisteranno tutto, si prenderanno tutto e alla fine ci toglieranno pure gli occhiali.
Il risveglio sarà amarissimo.
Non avranno nemmeno bisogno di scatenare una guerra, arriveranno alla chetichella, un po’ alla volta, senza dare nell’occhio: alla fine saranno più di noi.
Soprattutto saranno più forti e determinati, visto il loro punto di partenza, considerate le difficoltà superate.
Noi saremo ormai dei fuchi oziosi, senza più voglie né desideri, senza alcuna energia interna.
Saremo come delle secche crisalidi che custodiscono al loro interno una pupa morta.
Via la crisalide, via la pupa, resterà solo il problema di riorganizzare la vita quotidiana e di riscrivere la storia.
Tutto ciò che di prezioso sarà stato realizzato dalle generazioni precedenti, non importa di quale etnia, sarà conservato e valorizzato come componente imprescindibile del patrimonio degli ultimi arrivati.
Il testimone della nostra civiltà passerà di mano: semplicemente.
Che problema c’è?
I nuovi padroni saranno di carnagione più scura, in qualche caso saranno anche neri: qual è il problema?
C’è stato un tempo in cui ha dominato la pelle chiara, il pendolo sembra adesso indirizzato sulla pelle scura, sempre di esseri umani si tratterà: finché l’umanità esisterà.
‘Nomina nuda tenemus’ è la fredda constatazione che troviamo nel ‘De contemptu mundi’ del monaco Bernardus Morlanensis, poi ripresa da Umberto Eco per ‘Il nome della rosa’.
In realtà non è vero che ci rimangono solo nomi.
Tutto ciò che gli esseri umani realizzano nel corso della loro storia passa ai posteri: modificato, rimaneggiato, filtrato, stravolto anche, ma in qualche modo resta.
Dire che del passato rimangono solo i nomi, mi perdoni il dotto monaco di Cluny, ma mi sembra una manifestazione di orgoglio.
Cosa vuol dire? Che solo la generazione presente produce qualcosa di importante e duraturo mentre le precedenti ci hanno lasciato solo foglie secche?
Forse quell’espressione latina acquisterà pieno significato quando si sarà imposto il modus vivendi del metaverso, quando cioè le persone, anziché provvedere a modificare la materia o a sfruttare in modo creativo le loro doti passeranno il tempo immerse in mondi virtuali, avulse dal loro presente, dal passato e anche dal futuro.
Perché, nei fatti, il virtuale che si presenta come ipotetico futuro, in realtà non lo è per niente, è solo immaginazione e fantasia.
Quando arriveranno da sud e da oriente (non dall’oriente e dall’occidente come profetizzato nei testi sacri), con la rude concretezza degli umani alle prese con i problemi della sopravvivenza, metteranno a nudo l’irrealtà della ‘realtà aumentata’, scopriranno il bluff del metaverso.
A proposito di quel particolare mondo diranno: ‘‘voi tenetevi i vostri ‘nuda nomina’, noi ci prendiamo tutto il resto’’.
Lo conserveranno e forse cercheranno pure di migliorarlo.
Solo così la specie umana prolungherà la sua esistenza sulla Terra.