(post abbozzato prima delle elezioni politiche del settembre scorso: sempre valido, comunque)
Viviamo una situazione piuttosto complicata, una matassa difficile da sbrogliare.
E non solo a livello di politica italiana.
Si tratta di maneggiare un viluppo incandescente: è quasi impossibile non scottarsi.
In questo contesto ci dovrebbe essere la fuga dal ‘potere’.
Una forza politica seria dovrebbe fare di tutto per non raccogliere consensi, per non andare in Parlamento, per non rischiare di mettere insieme più voti degli altri e azzardare di essere incaricata di governare in prima persona.
Si dovrebbe realizzare un tale ‘vuoto’ di potere da costringere il presidente della Repubblica a creare un governo con un vero e proprio atto di forza, ai limiti dell’incostituzionalità.
Invece assistiamo a tutt’altro spettacolo.
Partiti e politici fanno letteralmente di tutto pur di conquistare la plancia di comando, pur di installarsi nella stanza dei bottoni.
Urla, rivelazioni, colpi bassi, processi alle intenzioni, dichiarazioni di fede non richieste, attacchi e insinuazioni …: i nostri candidati non si fanno mancare niente pur di agguantare la fatidica poltroncina.
Come mai?
Forse hanno introiettato a tal punto l’idea di ‘servizio’ da essere pronti a sacrificare la vita e quella della propria famiglia sull’altare del bene comune?
O, vestendo i panni di Indiana Jones si sono riproposti di ricercare l’arcano motivo per cui l’Italia si trova sempre a vivere sull’orlo di un abisso senza mai riuscire a precipitarci dentro?
Oppure, infine, indossando il mantello dell’anziano saggio Gandalf hanno maturato la consapevolezza di dover contribuire a schiacciare i nemici dell’Italia liberando così le sue migliori energie?
Non lo so e non posso essere nella testa dei ‘concorrenti’: posso però dire che queste argomentazioni mi sembrano poco plausibili?
Credo che, alla base della follia di correre per conquistare un potere oltremodo oneroso e pericoloso, ci sia la forte attrazione del ‘potere’.
È nota a tutti la scultorea sentenza di Andreotti: ‘il potere logora chi non ce l’ha’.
A noi, poveri mortali, è sembrata una boutade senza senso, una delle tante che il ‘nostro’ Tallyerand dispensava generosamente ai suoi devoti ammiratori.
Era invece una pura e semplice constatazione, una presa d’atto della realtà nuda e cruda.
Il potere bisogna esercitarlo, qualunque sia la contingenza, perché il potere dà prestigio e benessere: sempre e comunque.
Chi non concorre per esercitare il potere perché la situazione è complicata avrà forse letto e capito Kant ma non ha letto né compreso Machiavelli.
Il potere trasforma automaticamente e direttamente i suoi gestori in privilegiati: sotto il profilo sociale e antropologico.
E, soprattutto, li gratifica enormemente sul piano economico. Argomento sottaciuto e snobbato ma, in realtà, di irresistibile attrazione.
Senza contare l’indotto’.
È chiaro che la maggior parte di candidati non corrono ‘da soli’, come individui isolati ma concorrono aiutati e trascinati da una folta schiera di sostenitori che dall’elezione spera comunque di ricavarne un vantaggio (cosa che, immagino, puntualmente succede)
Ecco svelato l’arcano.
Che tale era solo per gli ingenui e gli sprovveduti.
Il sacro fuoco del potere prende tutti, neofiti e navigati.
I primi bramano entrare, mettere piede ‘dentro’, agguantare le leve del comando: indipendentemente da tutto.
I secondi l’hanno già fatto una miriade di volte, sanno come fare, sono certi che non si scotteranno le dita ma continueranno ad assaggiare il miele.
Neofiti e navigati affollano ugualmente tutti i partiti: sono mossi da spinte differenti, propongono narrazioni anche molto diverse tra loro ma lo scopo finale, consapevole o no, è lo stesso per tutti.
E il benessere pubblico? Solo una cartina di tornasole?
Non voglio dire questo né voglio negare che ci siano alcuni che pensano anche, se non soprattutto, a realizzare un sempre maggiore benessere generale.
Tuttavia rinnegherò le mie idee quando constaterò la fuga dei candidati: quando cioè, soprattutto nei periodi ‘negativi’, i partiti faticheranno a trovare aspiranti disposti ad accettare una carica pubblica elettiva.
È chiaro che, al contrario, finché ci sarà la corsa e la lotta per accedere, le mie convinzioni continueranno ad avere un loro fondamento.
E l’accusa di ‘qualunquismo’ sarà solo un’arma spuntata.