PROMESSE ELETTORALI (21/08/2022)

Con fastidio, pena e un filino di insofferenza sto seguendo le prime battute di questa strana campagna elettorale estiva.

(Mi auguro ardentemente di non scriverne più: anzi mi impegno).

Ho sempre l’impressione che, rispetto ai problemi ‘reali e concreti’ del popolo, le forze politiche parlino d’altro.

Per esempio di riforme di cui nessuno sente il bisogno: pescando a caso, quella della giustizia.

Di iniziative che stanno in piedi da anni, che nessuno ha mai affrontato e che sicuramente non vedranno la luce nella prossima legislatura: il ponte sullo stretto, per esempio.

Il libro dei sogni che mai potrà essere realizzato (che richiama tanto il ‘cchiù pilu pe’ tutti’ di Albanese): diminuzione delle tasse, aumento delle pensioni, introduzione del salario minimo obbligatorio …

Ci sono poi le tematiche classiche dello scontro frontale, rispetto alle quali ci si cannoneggia addosso da fronti contrapposti, che resteranno flatus vocis (lo sono da anni, in verità): migranti sì, migranti no, ius soli o scholae, il fine vita …

Perché nessuno fa promesse dettagliate e fattibili?

Tutti, ma proprio tutti, discettano sull’inverificabile.

Spargono fumisterie incontrollabili.

Qualcosa che vola via come gli ombrelloni con il vento di questi giorni.

Tanto sono sicuri che il popolo dimentica.

Il menu non trascura le solite annose problematiche, che sento ripetere da decenni e rispetto alle quali non si è mai fatto niente: nessun governo, di diverso colore, ha mai fatto qualcosa.

Spiattellano stancamente come un mantra il buco dell’evasione fiscale che ammonterebbe a miliardi di euro e che bisognerebbe ridimensionare se non cancellare del tutto.

Mi sono chiesto più volte: si può veramente intaccare e addirittura recidere questo bubbone o è un meccanismo che consente a una schiera non indifferente di cittadini di sopravvivere?

Se è vera la prima ipotesi non capisco perché non si faccia, perché nessun governo si sia impegnato a realizzare questa conquista di civiltà che, oltretutto, rimpinguerebbe le casse dello Stato.

Se invece è fondata la seconda ipotesi, perché se ne parla? Se una parte della nostra economia che dà da mangiare a centinaia di migliaia di persone non può pagare le imposte dovute perché altrimenti dovrebbe chiudere bottega, perché solleviamo la questione?

Per pura e semplice demagogia?

I problemi reali da affrontare stanno sotto gli occhi di tutti e li stiamo ‘sperimentando’ anche in questi giorni: il nostro Paese, da Nord a Sud, è minato dalle fondamenta da un impressionante dissesto idrogeologico. Ogni volta che piove, fiumi e torrenti invadono, travolgono e sommergono tutto.

E poi ci sono i ghiacciai che si squagliano, gli acquedotti ridotti a colabrodo, la maggior parte delle scuole italiane che sono inadatte ad ogni funzione educativa e formativa, le carenze degli ospedali, l’inadeguatezza di strade e ferrovie …

Mi fermo qui per non annoiare nella certezza che tutti sono in grado di aggiungere molti altri punti all’elenco.

Ci fosse un Partito, dicasi uno, che proclama: abbiamo tot risorse a disposizione, possiamo impegnarle per questa o quella realizzazione, per mettere in sicurezza un certo fiume o determinati torrenti, per dotare la Sicilia di Istituti scolastici degni di questo nome, per costruire tot asili nido, case di riposo o residenze per disabili …

Sono solo degli esempi, naturalmente: che servirebbero alle forze politiche per impegnarsi veramente per il miglioramento degli standard di vita dei cittadini e a questi ultimi per controllare l’operato degli eletti.

E invece niente: paroloni, voli pindarici, promesse fasulle e aleatorie.

Tutto materiale che serve per incantare, che non impegna a fare qualcosa di preciso, che serve, con l’aggiunta di una bella faccia tosta, a ripresentarsi alle elezioni successive a ripetere gli stessi mantra.

Quello che mi meraviglia di più non è tanto il comportamento dei politici: loro sono in lotta per conquistare un’occupazione sontuosa. Sotto tutti i punti vista, quello economico in primis.

Mi stupisce di più l’atteggiamento del popolo che non si stanca mai d’essere gabbato, che non riesce a mettere fine alla presa in giro, che non ce la fa ad imporre, a proprio vantaggio, un deciso cambio di registro.

Qualunquismo?

È l’accusa sanguinosa che viene sempre lanciata dai politici di professione contro questo tipo di argomentazioni. Non a caso.

Dal loro punto di vista è perfettamente comprensibile.

Ma mi domando: è qualunquismo chiedere scuole e ospedali degni di questo nome, strutture dignitose per l’infanzia, per gli anziani e i disabili, la messa in sicurezza del territorio, la conservazione di beni primari come l’acqua … ?

Bene, se questo è qualunquismo, allora io sono un qualunquista.

Ma voi cosa siete?

Venditori di fumo?

Azzeccagarbugli?

Maghi delle tre carte?

Fanfaroni e millantatori?

… … …

Scegliete voi.

[A cosa serve rimarcare continuamente la propria diversità se non ad acchiappare più voti dei concorrenti?

In fondo le cose da fare sono di chiara evidenza e tutti dovrebbero essere d’accordo sullo stesso programma.

Ci potrebbe essere una differenza di tempi, di entità delle risorse, di scelte prioritarie.

Un partito decide, per esempio, di impegnare più risorse per ridurre i rischi idrogeologici; un altro privilegia la sanità e i servizi sociali; un terzo si impegna a sostenere l’agricoltura, più che l’industria.

Senza trascurare le scelte più propriamente etiche quali l’accoglienza dei migranti, il fine vita, le tutele della persona …

Ogni partito dovrebbe confezionare un suo pacchetto – chiaro, preciso, perfettamente comprensibile – rispetto al quale chiedere il voto ai cittadini che, quindi, potrebbero scegliere con cognizione di causa.

E con altrettanta facilità potrebbero valutare l’operato delle diverse forze politiche alla fine del mandato.

Se questo è qualunquismo, l’alternativa è la confusione e l’inconcludenza.

Che stiamo sperimentando da decenni.]