Gli ANIMALI e NOI (18-08-2022)

Secondo Cartesio gli animali sono pura res extensa, corporeità materiale, macchine dotate di particolari abilità, anche superiori alle nostre ma pur sempre congegni incapaci di pensare in proprio e di provare sentimenti o emozioni.

Dei robot specializzati, potremmo dire con una terminologia moderna.

Da questa visione deriva anche la conseguenza che gli animali sono incapaci di provare dolore, di sperimentare la sofferenza.

È un’interpretazione radicale di tanti passi della Bibbia: se Dio ha creato gli animali perché siano al servizio dell’uomo ne deriva che gli uomini possono impiegare l’animale per qualunque scopo, almeno per tutti quegli usi che possono servire per migliorare la loro esistenza.

Cartesio non era certo una mosca bianca nella prima metà del seicento: il suo modo di inquadrare il problema era largamente condiviso nel suo tempo e lo sarebbe stato ancora per molto. Ho letto pagine di qualche gesuita ben più insensibili delle sue espressioni.

Per assistere ad un radicale cambiamento di mentalità bisognerà arrivare addirittura al ‘900: nel frattempo sugli animali è stata esercitata la più efferata crudeltà.

Negli ultimi decenni, nella nostra parte di umanità, la sensibilità verso il mondo animale si è straordinariamente acuita.

Verso i cani e i gatti, soprattutto, è scoppiata una vera e propria gara tra chi mostra le attenzioni più premurose, chi manifesta un più disinteressato affetto.

È qualcosa di singolare che, credo, non si possa constatare in nessun’altra specie, se non in rarissimi casi.

I gatti e i cani sono diventati in molti casi il centro della vita delle famiglie, la calamita verso cui si indirizza la tenerezza e in molti casi il vero e proprio amore di tutti.

È straordinario notare come ad un aumento esponenziale di questi sentimenti positivi verso gli animali, corrisponda, inversamente, una accentuata diminuzione dell’interesse e delle cure riservate ai propri simili.

E lascio stare le guerre, le mattanze in cui cancelliamo dalla faccia della Terra migliaia di persone di ogni genere ed età, non voglio nemmeno accennare al trattamento che riserviamo ai disgraziati che battono alle nostre porte in fuga dalla fame, dalle malattie e dalla sofferenza.

Mi riferisco alle ‘cure’ che molte persone riservano ai nonni o ai genitori anziani, ai propri cari malati, ai figli disabili.

Mentre siamo straordinariamente solleciti nei confronti dei nostri amici domestici, siamo poco attenti e spesso insofferenti verso le esigenze dei nostri cari più prossimi.

Sarà che tutto sommato le esigenze degli animali sono alquanto semplici e facilmente appagabili. È spesso così, ma non sempre.

O dipenderà dal fatto che, rispetto a quanto chiedono, i nostri amici danno in cambio molto più affetto di quanto non siano disposti a concedere i nostri cari? È possibile.

Sta di fatto che noi non solo continuiamo a massacrarci con guerre e stragi ma non riusciamo nemmeno ad evitare quei comportamenti quotidiani che fanno soffrire i nostri vicini e spesso anche i nostri cari.

Che specie siamo?

La cronaca ci descrive come capaci di potenti ma passeggeri entusiasmi positivi, incapaci spesso, nella quotidianità, di superare i personali egoismi e inclini anche, per soddisfarli, alle azioni più crudeli.

Dovremmo contrastare i secondi esaltando e prolungando nel tempo i primi.

Abbiamo invece costruito una società in cui tutto, a cominciare dai media per finire alle agenzie produttive passando per le strutture pubbliche, obbedisce ai criteri del guadagno e dell’arricchimento privato.

Esistono certamente società animali più solidali della nostra.

Evidentemente non c’è bisogno di razionalità per prendersi cura dei propri simili.

Più che vezzeggiarli, gli animali, dovremmo imitarli.

 

[ Sento in questi giorni che, qui a Roma, ci sono cinghiali infettati dalla peste suina: andrebbero quindi abbattuti. Subito sono insorte delle organizzazioni che si oppongono. Per non parlare dell’amore incondizionato che si mostra per l’uccellino con l’ala spezzata o per i piccoli della caretta caretta che, usciti dall’uovo, devono guadagnare il mare.

Tutte le persone che si occupano tanto svisceratamente degli animali sono ugualmente sollecite verso gli anziani, i disabili o gli ammalati della loro specie?

E’ proprio questo che mi pare intollerabile.

Amare gli animali, va bene ma credo che i propri co-specifici (magari parenti) andrebbero posti almeno sullo stesso piano.]