Stare nel mezzo non è mai una buona condizione, qualunque sia il contesto.
Se in guerra stai in mezzo a due schieramenti opposti, rischi di essere quello che ci rimette di più.
Succede spesso anche nelle contese individuali, nelle liti condominiali o nei contrasti stradali: chi si intromette per riportare la calma, per indurre alla ragione, per tentare di comporre un dissidio con buona soddisfazione di tutti, è colui che, alla fine, ha quasi sempre la peggio.
Non so bene perché questo succeda ma so che è così.
Qualcosa di simile accade anche nella vita sociale, nelle dinamiche che sottendono i rapporti interpersonali.
Non sei abbastanza ricco da poterti permettere di fare da solo o, comunque, di piegare ai tuoi desiderata le strutture burocratiche della società?
Non sei così povero da godere dei sussidi che lo Stato mette a disposizione di chi proprio non ce la fa?
Sei nel mezzo, insomma: non sei ricco e non sei povero, sei scansato dai primi e invidiato dai secondi.
I primi ti commiserano e ti tengono a debita distanza, quasi fossi un appestato: temono che tu possa salire sul loro carro, a banchettare alla loro stessa tavola, a foraggiarti con le loro vivande.
I secondi non vogliono avere a che fare: hanno paura che tu, ad un certo punto, non ce la faccia più e ti intruppi nelle loro stesse file, incominci a frequentare le loro mense riducendo, in un certo senso, le spettanze di ognuno.
E così ti arrabatti aggrappandoti al poco che hai cercando di conservarlo con le unghie e con i denti vedendo tuttavia assottigliarsi, anno dopo anno, la gomena cui sei aggrappato.
Non ti è permesso nemmeno l’ISEE perché certificherebbe la tua relativa ricchezza rispetto alla massa dei meno abbienti.
Non ti resta che rintanarti nel tuo limbo: non osi sperare di poterti affrancare facendo un salto nel livello superiore. Non hai alcun appiglio che ti possa far credere di potertelo permettere.
Ti auguri soltanto di non precipitare più in basso a sgomitare nella massa di disperati in lotta per la sopravvivenza.
In realtà non ti piace la gente dei piani alti: per quel poco che la conosci la senti totalmente estranea.
Hai frequentato molte brave persone dei piani bassi che ti piacerebbe potessero godere di un minimo di tranquillità.
Ecco, in fondo vorresti proprio questo: vorresti una società più equa, più sensibile verso le persone in difficoltà, meno tollerante verso chi lucra sul lavoro altrui o sfruttando i beni della comunità.
Una società in cui la posizione mediana fosse affollata dalla maggior parte delle persone, l’eccellenza fosse riservata a chi si distingue per caratteristiche e meriti veramente particolari e la parte bassa accogliesse solo delle persone temporaneamente in crisi, che potessero in ogni caso godere di condizioni di vita decenti, tali da permettere loro di ripartire, passata la temporanea défaillance.
Utopia?
Per il momento pare proprio di sì.
Quindi:
‘lì
sempre lì
lì nel mezzo
finché ce n’hai stai lì
stai lì
sempre lì
lì nel mezzo
finché ce n’hai
finché ce n’hai
stai lì’.
Lo suggerisce Ligabue e non vedo molte altre alternative.
Tranne, come ho scritto sopra, l’eventualità di perdere la posizione mediana.
Quando non ce n’hai più.