Cacciari non è di sinistra perché non è interessato alle vicende del ‘popolo minuto’.
Non è di centro perché ama sparigliare le carte.
Non è di destra perché la sente troppo inferiore, sul piano culturale e non fa per niente chic.
Cacciari è per sé stesso.
E quindi, in ogni discussione, in ogni confronto o dialogo si sente in dovere di distinguersi da tutti gli altri partecipanti: costi quello che costi.
La sua stella polare è il proprio ego che aleggia incontrastato su tutto e su tutti: se viene stoppato si arrabbia e prende cappello. Gli succede spesso. Sempre più spesso.
Fino a qualche anno fa, preceduto dall’aureola di eccelso professore di filosofia dedito a pensieri incomprensibili ai più, furoreggiava nei dibattiti senza quasi incontrare ostacoli.
Poi la televisione berlusconiana, dopo averlo ben pasciuto per decenni, ha allevato dentro il monitor degli sfrontati galli da combattimento, non tanto preparati in campo filosofico e spesso privi di elementari basi culturali ma ferratissimi quanto a linguaggio e a dialettica sofistica.
Qui sono cominciati i guai per il nostro che si è trovato spiazzato, trattato come un qualsiasi concorrente da talk show e messo spesso all’angolo da vuoti ma fini dicitori.
Allora Cacciari si infuria, sbotta, sbuffa, minaccia di andarsene, qualche volta se ne va pure, insomma perde tutto il suo aplomb, la sacra aura professorale evapora e al suo posto rimane un anziano minuto signore che si agita e tira indecorosamente calci al vento.
Non discuto qui la sua filosofia di cui lui solo è il cuoco, il maestro e il vate ma la sua ‘presenza’ televisiva, così sicura nel ‘cominciare’ e nel ‘concludere’, per nulla ‘negativa’ ma perentoriamente assertiva. (A mio avviso ha già trovato in Fusaro il suo degno erede).
Nancy Pelosi, politica americana di lungo corso (ormai più che ottantenne) al tempo della battaglia anti -Trump aveva suscitato in me un moto di rispetto e di quasi ammirazione.
Non dichiarai né l’uno né l’altra in attesa di convalida.
Mi è arrivata invece una solenne smentita.
Con il suo volo a Taiwan a sfidare la Cina e a rasentare una guerra dalle conseguenze imprevedibili, ha rivelato la sua intima natura di corifea del capitalismo e dell’imperialismo americano (oltre che di sé stessa).
Gli USA sono in crisi ormai da qualche lustro ma posseggono ancora un arsenale militare potentissimo: la condizione più minacciosa e pericolosa per tutte le altre comunità umane.
Ebbene Pelosi è andata in giro per l’Asia a urlare dentro un potentissimo megafono: come USA saremo pure in crisi, la nostra economia non tira più come un tempo e il livello culturale è a livelli infimi, ma possediamo un arsenale atomico superiore a tutti gli altri e un esercito presente e operante in tutte le plaghe della Terra; attenti, dunque, perché chi sgarra, chiunque egli sia, sarà severamente punito.
Potrebbe sembrare una ‘trombonata’ ma, come ho scritto, urlata ai quattro venti da una rappresentate qualificata della prima potenza mondiale in crisi, è qualcosa di molto inquietante e di maledettamente rischioso.
Insomma la Pelosi, che sembrava l’alfiera della democrazia e del confronto, nel momento meno opportuno ha tirato fuori le unghie e mostrato le zanne per far capire chi è ancora il più forte nel mondo degli umani. Senza nessuna intenzione di abdicare.
Nessuno può sapere adesso che cosa provocherà quel volo così sfrontato: alla Pelosi importa soltanto di averlo fatto.
Cacciari e Pelosi: due mosche cocchiere.
Il primo di sé stesso: indisponente fin che si vuole ma sostanzialmente innocuo.
La seconda di sé stessa (e conterebbe poco) e dell’impero americano: con aria gentile brandisce il bastone del ‘vecchio zio Sam’. E questo non lascia presagire niente di buono.