Non avrei mai pensato, a distanza di tanti anni, di dovermi occupare ancora di Berlusconi.
Ne ho scritto parecchie volte, fin dal 1994, e credevo, veramente, che la sua epoca fosse finita.
Speravo che si fosse esaurito il suo mondo.
Evidentemente non è così.
C’è stato un periodo, in realtà, negli ultimi anni che sembrava finito.
Tra ricoveri e comparsate del professor Zangrillo pareva proprio che fosse arrivato nell’imminenza della fine: che, almeno, avesse definitivamente concluso il suo ciclo di politico attivo.
Macché!
L’attuale crisi politica, innescata da lui, ci ha riconsegnato un Berlusconi arzillo, prepotente e supponente come non mai.
Al punto da far pensare che le sue precedenti défaillances siano state architettate e orchestrate al solo fine di depotenziare la magistratura e impietosire l’opinione pubblica. (Risultato ottenuto con il sostegno e l’avallo del personale che si è preso cura di lui).
Fatto sta che lui già si vede seduto in Senato, che dico, nello scranno più alto del Senato, quello presidenziale: cosa che lo compenserebbe della mancata elezione a Presidente della Repubblica.
Ciò di cui sto parlando sembra un cattivo sogno, un incubo uscito dalla penna di un giallista, un’invenzione di cattivo gusto per turbare i sonni dei democratici.
E invece è tutto vero.
Dopo quasi 30 dalla sua prima vittoriosa calata in politica, è ancora tra noi, pimpante e determinato, pronto a prendersi per l’ennesima volta una consistente fetta di potere, sicuro di poter ancora imbonire e ingannare gli italiani.
Di tutto questo dobbiamo dire grazie anche al centro sinistra che ha avuto più di un’occasione per tarpargli le ali ma che non ha mai affondato il colpo.
Perché?
Per interesse?
Non so e non amo le dietrologie.
So solo che se Berlusconi è ancora in sella un motivo ci deve pur essere, un motivo che non si può spiegare solo con la sua brama di potere e di dominio o con i professoroni compiacenti ma anche con l’incapacità, l’inefficienza e l’ottusità dei suoi oppositori politici (non oso pensare ad eventuali complicità).
Sia come sia ci troviamo ancora tra i piedi il personaggio che ha usato sfrontatamente la politica a fini personali.
Non solo.
È sceso in pista l’imprenditore che tutto vuole e tutto pretende.
È chiaro che Draghi, comunque lo si voglia giudicare, non era tipo da prestarsi ai suoi giochi, da sottomettersi ai suoi voleri, da realizzare i suoi piani.
Cosa che gli riuscirà agevolmente sia con Salvini che con Meloni: che dipendono in tutto e per tutto dai suoi media.
Non so se dovremo aspettare l’impietosa anagrafe per liberarci di lui.
Mi piacerebbe che ci pensassero, prima, gli italiani.
(Su quest’ultima ipotesi resto alquanto scettico. Mi piacerebbe molto essere smentito).