DRAGHI ? (25 – 06 – 2022)

Devo dire la verità: nonostante si tratti di un banchiere (e che banchiere!), nonostante fosse legato a doppio filo con l’alta finanza americana, nonostante fosse chiaramente di idee liberiste e politicamente legato agli ambienti conservatori, nonostante tutto, insomma, ho salutato il suo arrivo alla guida del governo italiano come qualcosa di positivo.

E le sue prime mosse per contrastare la pandemia mi sono sembrate senz’altro azzeccate.

Tra l’altro mi sembrava la persona giusta per proteggere i nostri conti insicuri e l’economia traballante, al cospetto dei burocrati di Bruxelles (che conosceva bene e di cui era stato anche per parecchio tempo il capo indiscusso).

Tanto è vero che è riuscito ad ottenere per noi un importante flusso di danaro da investire in opere fondamentali per far ripartire l’economia e l’intero Paese.

Poi, dopo il fallimento dell’assalto al Quirinale e dopo l’inizio della guerra russo-ucraina, qualcosa è cambiato.

Che cosa di preciso non saprei nemmeno dirlo ma sicuramente la sua azione si è fatta meno incisiva, più tentennante forse, meno orientata in senso univoco a realizzare gli interessi nazionali.

Soprattutto nei confronti della guerra ha mantenuto una posizione più lealista del re.

Totalmente succube, rispetto alle indicazioni americane, a volte addirittura anticipandole, sempre enfatizzandole una volta adottate.

Uno schiacciamento sulle posizioni anglosassoni e un servilismo che non si erano mai visti nemmeno al tempo dei governi democristiani.

Atlantismo può anche andar bene, ci può stare anche una critica feroce alla Russia ma un politico deve anche saper intravedere delle soluzioni, suggerire delle vie d’uscita.

Non può essere compito del politico quello di gettare benzina sul fuoco.

Mettendo oltretutto, per questa strada in grande difficoltà il proprio Paese, condannandolo quasi ad un sicuro, clamoroso ed irreversibile fallimento.

Ecco, forse la guerra russo-ucraina ci ha restituito il Draghi autentico, quello che non conoscevamo fino in fondo, ammantato com’era dai successi ottenuti nella plancia di comando della BCE.

Un Draghi sicuramente capace sul piano tecnico della finanza ma assolutamente carente e miope rispetto all’azione strettamente politica.

Per dirla tutta fino in fondo Draghi non ha mostrato alcuna qualità del politico di razza: non una visione complessiva e realistica dei problemi, nessuna capacità di indicare soluzioni percorribili, scarsa indipendenza di giudizio, totale incapacità di prospettare compromessi accettabili da tutte le parti in gioco (abilità nella quale, tocca dirlo, Andreotti è stato insuperato maestro).

E siamo all’oggi: come Paese siamo alla frutta e allo sbando.

Non abbiamo più nessuno che sappia indicare politiche percorribili e tradurle in azioni efficaci.

Tanto più che anche la ‘stella’ di Mattarella sembra essersi appannata. Il secondo mandato ci ha restituito un Presidente stanco e spompato, ripetitivo e ininfluente.

Proprio per questo Draghi avrebbe avuto ancora più spazio politico da occupare e da sfruttare a proprio vantaggio.

Questa circostanza ha, invece, messo ancor più in risalto la sua assenza di vedute, la sua pochezza di politico.

Mi voglio augurare che almeno abbia mantenuto intatta la capacità di fare e di realizzare e la sua forza nei confronti degli gnomi di Bruxelles così da fare da parafulmine.

Scemate anche quelle Draghi dovrebbe avere l’onestà di ritirarsi a vita privata o, in alternativa, ritornare sotto l’ombrello protettivo di una qualche Goldman Sachs.

Noi? Ancora e sempre, Draghi o non Draghi, dobbiamo ripetere: speriamo di cavarcela.