Putin è indubbiamente un personaggio tragico.
E come tutti i personaggi tragici provoca tragedie.
Putin non è certamente solo, nella sala comandi della Russia, ma tale appare e questo è ciò che contribuisce a fare di lui un personaggio tragico.
A volte le tragedie di cui si rendono responsabili questi individui sono solo adombrate, annunciate, altre volte sono invece concrete, reali, terribili.
Molto più disastrose di quelle immaginate da Shakespeare.
È, purtroppo, il caso dell’attuale conflitto.
Sempre i grandi personaggi tragici della storia sono circondati da altri soggetti tragici e, più ancora, da individui comici, teatrali, patetici, buffoneschi o inconsistenti.
Nell’attuale calamità l’unico altro personaggio tragico che vedo in circolazione è il presidente Zelenskji.
La tragicità di Putin deriva, appunto, dal suo isolamento, dall’insofferenza ansiosa verso il rifiuto altrui, dall’elencazione ossessiva dei torti subiti e delle conseguenti ragioni accumulate a proprio favore e, in definitiva, dalla volontà di essere riconosciuto e accolto per quello che è o, comunque, per quello che si sente di essere.
Quella di Zelenskji nasce dalla sua potente impotenza, dall’essere attorniato da una miriade di personaggi gracidanti che lo incoraggiano e lo aiutano ad andare sempre un po’ più a fondo, dal suo abbigliamento dimesso, sempre lo stesso, che esprime impegno ordinario e costante nel perseguire uno scopo che travalica le sue possibilità, dalla sua pervicacia nel gettare nell’orrendo mattatoio della guerra sempre nuove giovani vite.
A contorno ci sono una serie di personaggi che di tragico non hanno proprio niente.
C’è l’impassibile Xi Jinping che, protetto dalla sua maschera inespressiva, sta studiando il momento opportuno per realizzare un suo personalissimo piano.
Poi spicca Biden, impegnato a mostrare quei muscoli che forse sono più appariscenti che reali.
Ci sono i tre che sono stati recentemente a Kiev a declamare tutta la loro impotenza e fragilità, la sostanziale sudditanza nei confronti dello zio Sam. Fanno discorsi aulici per nascondere l’insofferenza dei loro popoli.
Alla fine voglio ricordare Johnson, la macchietta buffonesca che con le sue arruffate comparsate conferisce all’insieme quel tanto di ridicolo che non manca mai nella tragedia. Con questo non voglio certo sminuire il suo ruolo: sono proprio questi personaggi che, a volte, con il loro fare improvvido e maldestro trasformano la tragedia in catastrofe.
Non so se Putin, alla fine, riuscirà a perdere tutto, anche la faccia, com’è spesso successo a grandi personaggi tragici del passato.
O se, smentendo gli scrittori, ce la farà ad agguantare il proprio obiettivo.
Mi pare quasi certo che l’altro personaggio tragico non sia destinato a vincere: potrebbe addirittura restare vittima dei suoi stessi attuali sodali.
Qualcosa potrà forse guadagnarci ‘muscoli flaccidi’, vista la sua lontananza dal teatro delle operazioni e la sua furbizia nello scaricare sui fedeli e ciechi alleati la maggior parte dei costi dell’intera operazione.
I guitti di contorno hanno già perso, soprattutto hanno messo in ulteriore difficoltà i loro popoli già stremati da una serie ininterrotta di eventi negativi: si impegneranno allo spasimo per salvare la faccia e la poltrona parlamentare.
Putin è Mangiafuoco che ha scatenato l’inferno, ma Zelenskji non è la fata turchina.
Così come non si possono considerare del tutto innocenti il pescecane, il gatto e la volpe e gli altri guitti di contorno.
Come in tutte le storie umane le colpe, pur di peso diverso, sono diffuse.
Putin ha brandito la torcia con cui ha appiccato l’incendio ma gli altri l’hanno certamente provocato e ammassato materiali infiammabili.
Sarà la storia che distribuirà colpe e meriti nelle giuste proporzioni: noi, più che a questo, siamo interessati a mettere fine al macello.
Per questo servirebbe buon senso, realismo ed un esame obiettivo di tutte le circostanze che sono entrate in gioco.
Non serve chiamarsi fuori o vantare la propria innocenza.
La vita di un giovane soldato vale tanto quella di Putin, di Zelenskji, di Biden o di Johnson.
Per questo si dovrebbe smettere: IMMEDIATAMENTE.
(Le guerre finiranno quando chi le dichiara, le sostiene e le incoraggia, dovrà recarsi per primo in prima linea con la propria famiglia, i parenti più prossimi e tutti gli amici più cari. Vecchi, donne e bambini compresi. Ogni popolo dovrebbe inserire questo obbligo nel primo articolo della propria Costituzione.)