Perché non amiamo l’America?
Perché non riusciamo ad odiare la Russia?
È chiaro che ognuno ha una sua risposta e che le spiegazioni possono essere migliaia.
Tutte diverse, tutte plausibili, forse nessuna pienamente soddisfacente.
Io tento di capire: dal mio punto di vista, naturalmente.
L’America, anzitutto.
E quando scrivo America intendo il mondo anglosassone, con riferimento all’Inghilterra soprattutto.
L’America ha acquisito nei nostri confronti un insieme di meriti difficilmente quantificabile: ricordo soltanto l’accoglienza dei nostri migranti e il suo ruolo salvifico nel corso della seconda guerra mondiale.
Tutto questo, però, non si è tradotto da parte nostra in amore e, a ben vedere, nemmeno in riconoscenza.
Perché?
Credo dipenda dal fatto che l’America da salvatrice si è subito trasformata in occupante, in padrona.
L’America si è insediata nel nostro territorio da dominatrice, senza tanti riguardi e senza chiedere il permesso.
Ha agito con un fare tipicamente anglosassone: io ti ho dato questo e quello, ti ho salvato dalla rovina e tu mi devi dare quanto ti chiedo. Quanto pretendo.
Senza tener conto delle sensibilità, della storia e delle tradizioni.
In questo modo l’America ci ha occupato militarmente e, di fatto, sottomesso.
Nonostante tutta la trombonesca retorica di questi tempi, possiamo dire tranquillamente che noi, come nazione, non siamo affatto liberi.
È chiaro che possiamo solo sopportare una tale condizione, non certo viverla con piacere o condiscendenza.
La Russia?
In proprio non ci ha mai fatto niente di male: non ci ha salvato, direttamente, ma non ci ha neppure sottomesso.
È un ‘gigantone’ che se ne sta là, rintanato nei suoi immensi territori: appartiene all’Europa ma ha anche altre attrazioni. Sappiamo che è sensibile anche ad altre sollecitazioni.
La Russia ha fatto molto per noi, pagando prezzi esorbitanti: ha fermato Napoleone e Hitler, per esempio.
Non le siamo stati molto riconoscenti, non ha preteso niente in cambio, se ne è rimasta al suo posto a rimuginare, a fantasticare, a tirare avanti alla meno peggio, a pascolare i suoi sogni, a cercare di controllare i suoi incubi, a dominare le sue paure.
Forse avremmo potuto farcela amica ma non abbiamo fatto alcun passo in questo senso e, soprattutto, ne siamo stati impediti dai nostri arcigni e determinati padroni.
Biden è l’emblema dell’amerikano (come Johnson lo è dell’anglosassone tipico): voglioso di continuare a dominare il mondo intero, determinato a mantenere intatto il proprio potere ad ogni costo.
Allo stesso modo Putin incarna fino in fondo l’anima russa: che può sembrare paciosa e bonacciona ma che è anche permalosa e incline all’irritazione, soprattutto quando avverte che chi gli sta intorno si burla di lei o si permette di non prenderla sul serio.
È così che a volte il secondo esplode in comportamenti devastanti, come il toro nell’arena che dà cornate in tutte le direzioni, mentre il primo, freddo e calcolatore, anziché cercare di far prevalere la ragione, opera per trarre da quella ‘follia’ il massimo vantaggio personale.
Conclusione?
Non ce n’è alcuna di precostituita o di ovvia: ognuno ne tragga una per proprio conto.
Consapevole che ‘la ragione’ non si trova in nessuna delle 2 parti che, invece, avrebbero mille motivi per meditare sui propri torti.