La follia della guerra, con i suoi massacri e le distruzioni, scatena inevitabilmente altri tipi di follia, meno dannosi forse ma ugualmente esecrabili.
Lo scrittore Paolo Nori doveva tenere un corso su Dostoevskij all’università Bicocca di Milano.
In un primo tempo la dirigenza dell’università ha cancellato il corso, ‘per evitare inutili tensioni legate alla guerra in corso’.
Poi, di fronte all’ondata di proteste , ha fatto marcia indietro, reintegrando il corso ma ponendo una condizione: che le 4 lezioni su Dostoevskij fossero accompagnate dalla trattazione di qualche autore ucraino.
A questo punto Paolo Nori, riconoscendo di non conoscere grandi letterati di lingua ucraina, ha ritirato la sua disponibilità (che, tra l’altro, era stata sollecitata dalla stessa università): ‘farò il corso da un’altra parte’, ha chiosato.
Vicenda paradossale, tragica e ridicola insieme, almeno dal punto di vista culturale.
Com’è noto Dostoevskij non è mai stato in sintonia con il potere costituito: fu condannato a morte, graziato qualche attimo prima di essere fucilato e poi deportato per 4 anni in un gulag in Siberia.
Leggere ‘Memorie dalla casa dei morti’ per capire l’assoluta drammaticità di quegli eventi.
Ora, ci sarà anche la guerra Russia-Ucraina ma cosa c’entra Dostoevskij?
Cosa c’entra Dostoevskij con Putin?
Cosa c’entra la grande letteratura russa con l’attuale guerra?
Tra l’altro, almeno due grandi esponenti di quella cultura, in base alle coordinate politiche odierne, sono da considerare ucraini: parlo di Gogol e Bulgakov.
E Tolstoj?
Lo vogliamo cestinare perché Putin ha attaccato l’Ucraina?
Poco rispettabili rettori e dirigenti della Bicocca più che alla cultura mi fate pensare alla campagna contro ‘L’Arte degenarata’ scatenata dai nazisti begli anni ‘30 o alla caccia alle streghe lanciata negli USA negli anni ‘50 dal senatore Joseph McCarthy.
Che pena!
Perché se questo è il livello culturale ai massimi livelli …