Vittorio Feltri critica il presidente Mattarella a proposito delle sue parole su uguaglianza-disuguaglianza.
Mattarella ha chiamato il governo a ridurre le disuguaglianze che sono fonte di instabilità, minacciano la pace sociale e frenano la crescita globale del Paese.
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Feltri definisce queste osservazioni ‘una stupidaggine’: per lui la vita sociale è una gara in cui le disuguaglianze agiscono da motore, da stimolo per il cambiamento e il miglioramento. La diversità non accetta lo status quo e aiuta a superare le difficoltà.
Noto nelle parole di Feltri una immotivata vis polemica e degli artifici retorici che equivocano e stravolgono il pensiero altrui.
Credo che nessuno, tanto meno il presidente, neghi l’esistenza della diversità tra gli individui: sarebbe da ciechi.
Così come non penso che nessuno ignori il fatto che questa diversità porta le persone a pensare e operare in modo diverso e quindi, conseguentemente, a conquistare obiettivi differenti.
Nessuno invoca il livellamento sociale totale, impossibile da conseguire, tra l’altro, e rimasto irrealizzato anche nella Unione sovietica di Stalin e nella Cuba di Castro.
Nemmeno Marx pensava ad una società di persone livellate: da ognuno secondo le sue possibilità, ad ognuno secondo i suoi bisogni. Questo scriveva.
Il livellamento totale, preso di mira da Feltri in maniera pretestuosa, è esistito solo nelle distopie del secolo scorso.
E tuttavia, accettare la diversità non vuol dire avallare le abissali disuguaglianze che si sono create tra le persone.
Siamo diversi? Bene. Allora vengano offerte a tutti condizioni di partenza accettabili e poi ognuno si realizzi come meglio può.
Non solo: come tutti sappiamo bene, nella vita entrano poi in gioco altri fattori che agiscono potentemente o da acceleratori o da freni rispetto alle abilità individuali.
Qualcuno lo chiama destino, altri parlano di caso o fortuna.
Questi elementi, che spesso prescindono dalle qualità individuali, agiscono potentemente nel creare gli attuali abissi sociali. Non si tratta più, infatti, di disuguaglianze ma di distanze spropositate che risultano inaccettabili.
Queste ultime differenze, egregio Feltri, poco hanno a che fare con i talenti individuali e, inevitabilmente, proprio perché insopportabili, diventano fonte di turbative sociali.
Sono state queste che hanno acceso le grandi rivoluzioni della storia.
Credo che Feltri esprima su queste una valutazione negativa ma, a proposito dei fatti storici, il giudizio personale conta poco. Quando si creano certe condizioni, si hanno determinate conseguenze.
Se poi il criterio (addotto da Feltri) è quello del favorire ciò che migliora i processi sociali, allora non si può negare che le rivoluzioni siano state dei veri e propri acceleratori.
Insomma, per concludere e dirla tutta: suggerire una maggiore attenzione nei riguardi delle disuguaglianze sociali e auspicarne la riduzione non equivale a negare la diversità e a invocare il livellamento.
Vuol dire semplicemente che ogni società dovrebbe garantire ai suoi membri condizioni di vita dignitose per consentire a tutti di ‘recitare’ la loro parte in quella che Feltri chiama ‘la gara podistica della vita’.